È inibita la prestazione lavorativa al minore che ha compiuto 16 o 17 anni, ma non ha concluso il ciclo di istruzione

Pubblicato il 03 febbraio 2012

Tizio ha 16 anni compiuti e, dopo aver terminato le scuole medie, si iscrive all’istituto superiore Alfa ove, per ben due anni, non riesce a conseguire la promozione al secondo anno scolastico. Durante tale periodo Tizio, benché formalmente iscritto alla scuola, non frequenta l’istituto Alfa e accumula in ciascun anno molti giorni di assenza al punto da indurre l’Istituto di istruzione, in sede di scrutinio finale, a ritenere di volta in volta che tali anni non fossero stati validamente svolti. Sicché, al termine del secondo anno di iscrizione, i genitori di Tizio, stanchi del suo comportamento, lo invitano a trovarsi un lavoro. Tizio prende atto dell’invito e accetta la proposta lavorativa nel frattempo offertagli dall’impresa idraulica Gamma. Nell’occasione Tizio informa il datore di lavoro del proprio percorso di studi e le ragioni che lo avevano portato a cercare lavoro. Al termine del colloquio l’impresa Gamma invia la comunicazione UNILAV di instaurazione del rapporto di lavoro con Tizio ed effettua conseguentemente gli adempimenti lavoristici del caso. Ove l’impresa Gamma venisse sottoposta ad accertamento ispettivo, quali potrebbero essere le responsabilità connesse all’occupazione di Tizio?




Lavoro minorile: caratteristiche generali

Per instaurare validamente il rapporto di lavoro è richiesto, tra l’altro, che le parti siano munite della capacità giuridica e soprattutto della capacità di agire. La capacità giuridica riguarda l’attitudine del soggetto a essere titolare di diritti e doveri e la stessa compete ai sensi dell’art. 1 c.c. a tutte le persone fisiche e giuridiche sin dal momento della nascita. Diversamente la capacità di agire postula l’attitudine del soggetto ad esercitare diritti e obblighi e si acquista con la maggiore età, dunque al compimento del diciottesimo anno di vita, poiché da tale momento di presume che il soggetto possa consapevolmente curare i propri interessi e sia in grado di valutare il significato e la portata degli atti che pone in essere.

L’art. 2, comma 2, c.c. prevede tuttavia che leggi speciali possano stabilire “[…] un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro”, abilitando in tal caso il minore “[…] all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro”. Tale disciplina speciale, relativa al lavoro minorile, è contenuta nella L. 17 ottobre 1967, n. 977, come novellata dal D.lgs. 4 agosto 1999, n. 345, e successive modificazioni, emanato in attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro. Il comma 1 dell’art. 1, D.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha ritenuto che fosse indispensabile la permanenza in vigore del presente provvedimento, limitatamente agli articoli 1, 2, 3, 4, 7, 8 e da 11 a 29.

Come precisato con circolare n. 1 del 2000 del Ministero del Lavoro, la ratio sottesa alla L. n. 977 cit. è quella di “[…] unificare le disposizione in materia di lavoro minorile estendendone l’applicazione a tutti i rapporti di lavoro, ordinari e speciali e che riguardino minori di diciotto anni […]”. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), b), restano esclusi dal campo di applicazione di tale disciplina gli adolescenti addetti a lavori occasionali o di breve durata aventi ad oggetto i servizi domestici familiari e le prestazioni di lavoro non nocivo, né pregiudizievole, né pericoloso nelle imprese a conduzione familiare.

Bambini, adolescenti e assolvimento dell'obbligo scolastico

Sul piano delle definizioni l’art. 1, comma 2, della L. n. 977 cit., alla lett. a) stabilisce che per bambino debba intendersi il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di età o che è ancora soggetto all’obbligo scolastico”. D’altro canto la lett. b) del medesimo comma di legge considera adolescente il minore di età compresa tra 15 anni e 18 anni e che non è più soggetto all’obbligo scolastico”.

L’art. 3 stabilisce, altresì, che “l’età minima per l'ammissione al lavoro è fissata al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non può essere inferiore ai 15 anni compiuti”. L’art. 4, al comma 1, stabilisce a sua volta che “è vietato adibire al lavoro i bambini […]”.

Il D.M. n. 323 del 1999, art. 1, n. 3, ha fissato a sua volta il tetto minimo per l’assolvimento dell’obbligo scolastico prevedendo che “ha adempiuto all'obbligo scolastico l'alunno che abbia conseguito la promozione al secondo anno di scuola secondaria superiore; chi non l'abbia conseguita è prosciolto dall'obbligo se, al compimento del quindicesimo anno di età, dimostri di avere osservato per almeno nove anni le norme sull'obbligo scolastico”.

Il Legislatore ha delineato un trattamento sanzionatorio diversificato per la violazione degli artt. 3 e 4 della L. 977 cit.:

  1. violazione dell’art. 3: pena alternativa dell’arresto non superiore a sei mesi o dell’ammenda fino a euro 5.164,00, così come stabilita dall’art. 26, comma 2, L. 977 cit. (ipotesi lieve);

  2. violazione dell’art. 4: pena dell’arresto fino a 6 mesi, così come stabilita dall’art. 26, comma 1, L. 977 cit. (ipotesi grave).

Tuttavia, se si considerano le definizioni di “bambino” e di “adolescente” come sopra specificate, il trattamento sanzionatorio è previsto esclusivamente per le ipotesi in cui vengano adibiti al lavoro i “bambini”.

Infatti, coloro che hanno superato i 15 anni e che hanno assolto all’obbligo scolastico (adolescenti), possono liberamente lavorare.

La questione di fondo riguarda le modalità di applicazione del regime sanzionatorio sopra specificato (ipotesi lieve e grave), che sarà inevitabilmente riferito a coloro che sono ricompresi nella definizione giuridica di “bambino”.

L'interpretazione ministeriale relativamente all'età e all'obbligo scolastico

Ipotesi sanzionatoria lieve

Il Ministero del Lavoro, con circolare n. 86 del 2000, ha fornito un’interpretazione circa la portata applicativa degli artt. 3 e 4 della L. n. 977 cit., rilevando in proposito che la violazione del requisito dell'età con assolvimento dell’obbligo scolastico giustificherebbe l’applicazione del regime sanzionatorio più lieve e contemplato per la fattispecie di cui all’art. 26, comma 2, della L. n. 977 cit., volta alla tutela dell'integrità psico-fisica del minore.

È questo il caso di colui che ha assolto all’obbligo scolastico, ma non ha ancora compiuto 15 anni. Si vedrà in seguito che per effetto delle modifiche apportate dalla c.d. Legge Finanziaria 2007 circa l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 10 anni, è difficile che possa trovare un verosimile riscontro nella realtà.

Ipotesi sanzionatoria grave

Di contro, la sanzione più grave - prevista per la violazione dell'ipotesi di cui all’art. 26, comma 1, della L. n. 977 cit. - sarebbe applicabile qualora vengano violati simultaneamente entrambi i requisiti (età e istruzione) o comunque quando venga disatteso l’assolvimento dell’obbligo scolastico pur in presenza di un’età superiore ai 15 anni.

E invero secondo il Ministero “il maggior rigore, dal punto di vista punitivo […], dimostrato dalla previsione della più grave sanzione dell'arresto fino a sei mesi, con esclusione del ricorso alla prescrizione obbligatoria, si giustifica, ad avviso della scrivente Divisione, in quanto si riscontrerebbe nelle violazioni di cui trattasi il difetto o di entrambe le condizioni - compimento di 15 anni e conclusione del periodo di istruzione obbligatoria – o di quella – adempimento dell'obbligo scolastico – ritenuta, come detto, fondamentale ai fini del raggiungimento da parte del minore della maturità necessaria affinché egli possa svolgere legittimamente attività lavorativa”.

Sicché il minore che abbia compiuto 15 anni, ma che non abbia ancora assolto all’obbligo scolastico deve essere ancora definito “bambino”, la cui adibizione ad attività lavorativa comporta l’applicazione del regime sanzionatorio previsto per la violazione dell’art. 4 della L. n. 977 cit.

Si tratta di un orientamento che era stato in un certo senso preannunciato dallo stesso Ministero del Lavoro già con circolare n. 1 del 2000, la quale, nelle more dell’entrata in vigore del testo normativo finalizzato al riordino del sistema scolastico implicante un ulteriore innalzamento del periodo di istruzione obbligatoria a dieci anni, aveva evidenziato la preminenza dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione scolastica, stabilendo infatti che l’ammissione al lavoro “è […] subordinata al compimento del periodo di istruzione obbligatoria”.

L'innalzamento dell'obbligo di istruzione ad almeno 10 anni di scolarizzazione

Tale prospettiva, che assegna all’obbligo scolastico valenza prioritaria, consente di ribadire altresì che il raggiungimento dell’età di 15 anni da parte del minore costituisce condizione necessaria ma non sufficiente ai fini dell’ammissione al lavoro, essendo invero elemento indispensabile la conclusione, da parte del minore, del ciclo di istruzione scolastica.

A conferma della necessità di apprestare una decisiva tutela alla crescita psico-intellettiva del minore, l’art. 1, comma 622, della L. n. 296/06 (c.d. Finanziaria per il 2007) ha ulteriormente elevato, a partire dall’anno scolastico 2007/2008, l’obbligo di istruzione, portandolo ad almeno 10 anni, nella prospettiva di consentire al discente di conseguire un titolo di studio di scuola secondaria superiore o una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

Il Ministero del Lavoro, con nota prot. 9799 del 20 luglio 2007, ha precisato che “[…] dal 1° settembre 2007 decorra anche l'innalzamento a 16 anni dell'età di ingresso al lavoro per i minori”.

Tuttavia, a parere degli scriventi, tale indicazione non appare condivisibile.

Il Legislatore, infatti, non è intervenuto modificando la L. 977 cit. circa il requisito minimo di età per essere ammessi al lavoro (cioè 15 anni), ma è intervenuto innalzando la soglia di assolvimento dell’obbligo scolastico a 10 anni (superando la precedente dizione del D.M. n. 323 del 1999, art. 1, n. 3, che prevedeva 9 anni di scolarizzazione).

Ciò significa che, ad esempio, i minori che abbiano cominciato il ciclo di istruzione con un anno di anticipo (cosiddetta “primina”) si possano trovare all’età di 15 anni nella condizione di avere alle spalle 10 anni di scolarizzazione. In tal caso gli stessi potranno liberamente accedere al mondo del lavoro senza conseguenze penali a carico del datore di lavoro, salvo il rispetto degli altri requisiti previsti per il lavoro minorile.

D’altro canto, per effetto dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, la possibilità di trovare un minore di 15 anni con 10 anni di scolarizzazione appare del tutto inverosimile, con la conseguenza che l’ipotesi lieve prima menzionata non possa più trovare un’effettiva e concreta applicazione.

Come accertare il rispetto dell’obbligo scolastico

Sulla scorta di tali considerazioni gli scriventi ritengono che la verifica circa l’adempimento o meno dell’obbligo di istruzione non debba arrestarsi a un riscontro formale; ai fini della valutazione dell’assolvimento dell’obbligo scolastico, non ci si dovrebbe fermare a valutare l’esistenza o meno dei dieci anni di iscrizione alla scuola. Occorre invece che il minore abbia fatto seguire all’iscrizione un’effettiva frequenza al corso di studi, quantomeno per un periodo di tempo che l’istituto di insegnamento reputi necessario e utile ai fini dell’effettivo assolvimento dell’anno scolastico.

Diversamente ragionando, l’adempimento dell’obbligo scolastico si presterebbe a facile elusione. E invero coloro che non siano particolarmente dediti all’attività didattica, una volta terminate le scuole elementari e medie, potrebbero iscriversi all’istituto superiore e frequentare l’anno scolastico per un periodo di tempo marginale o irrilevante, così da precludere all’istituto la possibilità di esprimere un’idonea valutazione finale. Concluso l’anno scolastico senza aver conseguito risultati utili, il minore potrebbe reiterare tale condotta, quantomeno per il periodo di tempo occorrente al raggiungimento dei dieci anni di scolarizzazione. Ben si comprende pertanto che in tal caso l’obbligo scolastico sarebbe assolto solo formalmente o meglio “sulla carta”, poiché in realtà non vi è stata da parte del minore una partecipazione costante e fattiva alle lezioni.

Diverso, invece, è il caso del minore che si sia iscritto all’istituto scolastico e che abbia effettivamente frequentato il ciclo di studi annuale, ma che al termine di esso non abbia raggiunto l’agognata “promozione”. In tale ipotesi l’obbligo di istruzione deve ritenersi comunque assolto, poiché l’istituto scolastico è stato posto nella condizione di valutare il discente e di esprimere un effettivo e sostanziale giudizio sia sulla sua personalità sia più in generale sull’impegno omesso dal minore ai fini di conseguire una crescita psico-intellettiva.

Si evidenzia che la tematica è di grande attualità laddove i lavoratori minori non abbiano nazionalità italiana, bensì straniera, con particolare riferimento ai soggetti extracomunitari o comunitari provenienti dalle zone dell’Europa dell’Est.

Esame del caso concreto

Ciò chiarito, oltre al regime sanzionatorio sopra specificato, va d’altro canto sottolineato che adibire al lavoro un minore sprovvisto dei requisiti richiesti comporta la nullità assoluta del rapporto, con applicazione in ogni caso e in favore del minore dell’art. 2126 c.c. circa il diritto alla retribuzione per il lavoro già prestato, nonché il diritto alle prestazioni assicurative previste dalle leggi vigenti in materia di assicurazioni sociali obbligatorie.

In base alle considerazioni sopra espresse appaiono ben evidenti le conseguenze a cui può andare incontro l’impresa Gamma nell’aver assunto il minore Tizio che, sebbene diciassettenne, non aveva di fatto frequentato gli anni scolastici successivi alla conclusione della scuola media.

Tizio infatti appena terminata la scuola media si è iscritto all’istituto superiore Alfa. Per due anni consecutivi, tuttavia, non è riuscito a ottenere la promozione al secondo anno scolastico, in quanto ha sempre accumulato rilevanti giorni di assenza tali da indurre l’Istituto di istruzione in sede di valutazione finale a ritenere che i relativi anni scolastici non potessero considerarsi validamente assolti. In tal senso appare corretto asserire che Tizio, benché avesse compiuto 16 anni, quindi superato la soglia minima di 15 anni e fosse stato iscritto alla scuola per 10 anni, dovesse considerarsi ancora “bambino” nella definizione stabilita dall’art. 1, comma 2, lett. a), della L. n. 977 cit. per non aver adempiuto all’obbligo di istruzione in maniera effettiva, con la conseguenza di non poter comunque instaurare alcun rapporto di lavoro.

Invero Tizio non ha fatto seguire all’iscrizione quella concreta frequenza al corso di studi in grado di porre l’istituto scolastico nella condizione di esprimere un’effettiva valutazione, se del caso anche negativa, di carattere sostanziale e attinente all’effettiva partecipazione alle lezioni. Sicché, per quanto appaiano comprensibili le ragioni dei genitori di Tizio, volte a stimolarlo nel dedicarsi ad attività lavorative, quest’ultimo non poteva comunque prestare la relativa attività per l’impresa Gamma.

L’impresa infatti, prima di concludere gli accordi con Tizio, avrebbe dovuto sincerarsi dell’effettivo assolvimento dell’obbligo scolastico, acquisendo presso l’istituto Alfa, la relativa documentazione. Il che non è avvenuto. Sicché, ove il titolare dell’impresa Gamma venisse sottoposto ad accertamento ispettivo, incorrerebbe nella violazione dell’art. 4, L. 977 cit., così come sanzionato dall’art. 26, comma 1, della stessa legge, cioè con la pena dell’arresto.

Inoltre, attesa la nullità del rapporto di lavoro concluso con Tizio, ai sensi dell’art. 2126 c.c. vengono comunque fatte salve sia le retribuzioni corrisposte a Tizio sia gli oneri previdenziali e assicurativi versati.


NOTE

i Per il compimento di alcuni atti la legge richiede un’età differente così ad esempio per il riconoscimento del figlio naturale l’art. 250 comma V c.c richiede il compimento di 16 anni.

ii Tra gli obblighi per l’assunzione del minore si segnala la visita medica preventiva prevista dall’art. 8 della L. n. 977 cit. Al riguardo la Suprema Corte ha osservato che “l'inosservanza della disposizione di cui all'art. 8, comma terzo, della L. n. 977 del 1967, nella versione risultante dalla modifica ex art. 2 D.Lgs. n. 262 del 2000, secondo cui la visita medica dei minorenni da avviare al lavoro, il cui obbligo continua ad essere presidiato penalmente, è effettuata presso un medico del Servizio sanitario nazionale, non integra più illecito penale prevedendo l'art. 26 della L. n. 977 del 1967, come modificato dall'art. 14 D.Lgs. n. 345 del 1999, la sanzione penale unicamente per l'obbligo in generale della visita ma non anche per le concrete modalità della sua effettuazione” (cfr. Cass. pen. Sez. III Sent., 18/01/2008, n. 7469). In tema di contenuto della certificazione cfr. Cass. pen. Sez. III, 07/12/2006, n. 5746.

iii Al riguardo la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che “nell'esonerare il datore di lavoro dalla osservanza delle norme della legge 17 ottobre 1967, n. 977, sulla tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti con riguardo agli adolescenti addetti a lavori occasionali o di breve durata concernenti servizi domestici prestati in ambito familiare o prestazioni di lavoro non nocivo, né pregiudizievole, né pericoloso, nelle imprese a conduzione familiare, l'art. 2, comma 1, della predetta legge, sostituito dall'art. 4, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345, si riferisce ai "lavori di breve durata" in alternativa ai "lavori occasionali", e per "lavori di breve durata" intende le attività che traggono origine da esigenze impreviste dal datore di lavoro e/ o risultino di durata corrispondente a quella di una giornata lavorativa o di poco superiore e, cioè, ad un tipo di prestazione che non rientra tra quelle che l'azienda richiede abitualmente ai propri dipendenti, anche se limitatamente a determinati periodi dell'anno” (cfr. Cass. pen. Sez. III, 22/06/2010, n. 35706). Il Ministero del Lavoro con circolare n. 1 del 05/01/2000 ha ritenuto che l’esclusione si riferisce a prestazioni di natura saltuaria, occasionale o sporadica.

iv L’art. 4 comma 2 dispone che “la direzione provinciale del lavoro può autorizzare, previo assenso scritto dei titolari della potestà genitoriale, l'impiego dei minori in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non pregiudicano la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale”.

v Spunti di riflessione si traggono in Cass. pen. Sez. III Sent., 28/06/2007, n. 35225 nella parte motiva.

vi Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 30/08/2010, n. 18856.


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