L’invito contenuto nel recente Dl 223 sul rilancio dell’economia attraverso un più incisivo utilizzo delle banche dati per mettere in luce il sommerso, era stato già raccolto dall’Inps che incrociando i suoi dati con quelli delle Camere di Commercio, dell’Inail e dell’Anagrafe tributaria, ha individuato 440mila soggetti iscritti nei registri delle Cdc (tra il 2000 e il 2005) che non hanno versato i contributi previdenziali. Una parte del campione preso in considerazione è risultata avere debiti anche nei confronti del Fisco. In particolare, dall’incrocio dei dati emerge che i soggetti in esame (18% delle nuove iscrizioni nei sei anni considerati) sono totalmente sconosciuti all’Inps. Sempre dall’indagine è emerso, inoltre, che il 44% di quel campione non ha mai avuto rapporti con l’Amministrazione finanziaria: non ha mai utilizzato, infatti, il modello F24 per i versamenti tributari.
Che l’Italia sia un Paese ad alto tasso di evasione fiscale e contributiva è un dato a tutti noto. E’ dunque meritoria ogni azione che si proponga di ricondurre entro limiti fisiologici (in linea cioè con gli altri Paesi) una piaga sociale che impoverisce l’economia, distorce la concorrenza e il mercato del lavoro. Il lavoro da fare in tema di lotta al lavoro nero e di recupero dell’evasione è di sicuro ancora molto e anche se le ispezioni incrociate stanno prendendo sempre più piede ancora siamo lontani dall’avere raggiunto un risultato soddisfacente. Secondo i risultati delle verifiche ispettive condotte dal ministero del Lavoro, dall’Inps e dall’Inail, infatti, emerge che nel primo trimestre di quest’anno il numero delle ispezioni si è ridotto così come diminuite sono le somme recuperate all’evasione contributiva. Ovviamente, trattandosi di ispezioni avviate da tre diversi enti, il bilancio del trimestre si presenta necessariamente differenziato.
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