Il recupero di immobili non è cessione d’azienda
Pubblicato il 02 febbraio 2009
Con la sentenza n.
685/09, i giudici di merito hanno contribuito a definire, sul piano fiscale, la nozione di azienda e il relativo corretto regime tributario da applicare. La sentenza si occupa di un tema molto dibattuto non solo in giurisprudenza, ma anche dal punto di vista della prassi amministrativa, quale è quello di voler distinguere la definizione di cessione di beni da quella di cessione d’azienda. Il tutto perché le due diverse fattispecie comportano l’applicazione di un differente regime fiscale. L’oggetto del contenzioso ha tratto origine da un avviso di rettifica dell’Amministrazione finanziaria per un atto di cessione avente a oggetto fabbricati in cui la venditrice esercitava l’attività di produzione di salumi e lavorazione di carni, che le parti avevano assoggettato ad Iva mentre l’Ufficio riteneva trattarsi di cessione di ramo d’azienda integrativa di una precedente cessione aziendale assoggettata ad imposta di registro. Il Fisco riteneva che oggetto della compravendita fosse l’azienda e a dimostrazione del fatto adduceva insieme ai beni oggetto di costruzione e ristrutturazione dei fabbricati anche le licenze amministrative dell’attività precedentemente ceduta. La Corte, invece, ha ritenuto che gli elementi addotti dal Fisco per provare l’esistenza di un complesso aziendale sono del tutto incoerenti: per i giudici, la pura esistenza di un progetto non ancora realizzato non è idoneo, da solo, a individuare la presenza di un complesso organizzativo e produttivo. Pertanto - conclude la sentenza in oggetto – nel quadro di una vendita di immobili, l’esistenza di un progetto di costruzione e ristrutturazione degli stessi finalizzato all’ampliamento di una azienda precedentemente trasferita non è sufficiente all’Amministrazione finanziaria a dimostrare che si tratti di una cessione d’azienda. Dal punto di vista fiscale, dunque, al caso in esame, è inapplicabile l’imposta proporzionale di registro.