Il Presidente del Cndcec sulle misure fiscali del Decreto sviluppo

Pubblicato il 08 maggio 2011 Sul sito del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, un intervento del Presidente Siciliotti riguarda le misure fiscali del Decreto legge Sviluppo approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri.

Ne pubblichiamo il testo integrale, apparso in un quotidiano.

Le misure fiscali contenute nel "decreto sviluppo" sono un positivo segnale di come il Ministro Tremonti non intenda limitarsi a una passiva presa d'atto dell'esistenza di una pericolosa deriva nel rapporto tributario che intercorre tra Stato e cittadino.

Alcuni mesi fa, proprio sulle pagine di questo quotidiano, avevamo sottolineato come la comprensibile, ma non per questo meno pericolosa "ansia da recupero di gettito" stava portando verso un'architettura di adempimenti, presunzioni di colpevolezza e accertamenti esecutivi che, nella percezione del contribuente, rischiava di travolgere qualsiasi nobile discorso di giustizia ed equità, declassandolo al livello di quello che, con una iperbole, definimmo "chiacchiere e riscossione".

La lettera diramata giovedì scorso dal direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, é andata addirittura oltre, parlando apertamente del rischio che comportamenti vessatori possono apparentare nella percezione del cittadino l'operato dell'amministrazione finanziaria a quello di estorsori.

E' proprio così ed é positivo esserci arrivati tutti insieme, ciascuno dal proprio punto di vista, perché soltanto tutti insieme si può provare a costruire un rapporto tra fisco e contribuente che non sia ne' oppressivo e bulimico di gettito, né sfilacciato e anoressico, ma semplicemente sereno ed equilibrato.

Per fare questo, i richiami e l'applicazione di sanzioni disciplinari da parte degli organi apicali sono, ancorché insufficienti, sicuramente importanti; e ciò vale, a scanso di equivoci, sia nei confronti di quella minoranza di funzionari che vessano i contribuenti per raggiungere i budget di risultato a prescindere da quello che trovano, sia nei confronti di quella minoranza di dottori commercialisti ed esperti contabili che equivocano il proprio ruolo nel rapporto tra fisco e contribuente.

Proviamo dunque a proseguire sulla via di questa consapevolezza condivisa e sulla necessità di arrivare a norme e soluzioni che non si limitino ad attenuare alcuni problemi, senza però risolverli alla radice.

Come la modifica relativa agli accertamenti esecutivi che lascia in piedi un termine massimo di 120 giorni, decorso il quale l'esecuzione riprende anche se il giudice non si é ancora espresso sull'eventuale istanza di sospensione giudiziale presentata dal contribuente: é un passo avanti, ma, se c'é istanza di sospensione, bisogna attendere i tempi della giustizia tributaria e semmai lavorare per migliorarli, non scaricare sul cittadino il problema.

Come la modifica relativa ai tempi di durata degli accessi presso il contribuente che, nel dimezzarli nei confronti dei soggetti di minori dimensioni, reca anche una implicita (e anche per questo assai discutibile) interpretazione del criterio di computo dei giorni di durata massima anche per le imprese in contabilità ordinaria: non siamo d'accordo.

Molto bene, invece, seppur mancante di un opportuno riferimento ai pagamenti mediante assegni bancari, la modifica che esclude dall'obbligo di identificazione con codice fiscale gli acquisti di importo superiore a 3.600 euro effettuati da un privato cittadino che non utilizza denaro contante: lo avevamo chiesto quando il clima da "giacobinismo fiscale" era tale da far apparire come eretica una richiesta in realtà quasi banale; prendiamo atto che ne è stato tenuto conto
.”.
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