Con la sentenza n. 20748/06, di Cassazione ha sancito che il Fisco ha il potere di accertare la congruità dei costi portati in deduzione da una società e se questi risultano sproporzionati ai ricavi o all’oggetto dell’impresa è ammissibile la relativa ripresa a tassazione. La questione, però, ha generato orientamenti giurisprudenziali contrastanti sul tema negli ultimi anni. Nel caso di specie, il Fisco aveva rettificato in aumento il reddito imponibile di una società di capitali, con avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette, recuperando a tassazione una parte dei compensi attribuiti agli associati in relazione a contratti di associazione in partecipazione. Il contratto di associazione in partecipazione è regolato dall’art. 2549 del C.c.. Fiscalmente, l’oggetto del contratto di associazione in partecipazione è determinante ai fini della deducibilità dei compensi attribuiti agli associati, non essendo deducibile la partecipazione nel caso di contratti con apporto di solo capitale o di contratti cosiddetti misti. , con la sentenza in questione, ha abbracciato quel filone giurisprudenziale a favore del Fisco che attribuisce agli uffici finanziari il potere di disconoscere i costi ritenuti “gonfiati” al fine di realizzare un minore carico fiscale.
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