Per i giudici della Commissione tributaria regionale della Puglia che hanno firmato la sentenza 94/5/07, gli studi di settore non possono esser considerati uno “strumento persecutorio del contribuente infedele”. Vanno letti in chiave di metodologia finalizzata a determinare la reale consistenza del reddito che il soggetto sottopostovi ha prodotto, in modo da ragguagliargli l’imposta effettivamente dovuta, nel rispetto della capacità contributiva recitata dall’articolo 53 della nostra Carta fondamentale. Gli Uffici del Fisco sono perciò tenuti a specificare, nell’avviso di accertamento, gli elementi prevalenti di non congruenza che giustificano la verifica, dimostrandone la presunzione grave, precisa e concordante di evasione d’imposta.
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