L’Associazione italiana dottori commercialisti, con di comportamento n. 165, esamina il tema delle disposizioni antielusive applicabili al riporto delle perdite nelle operazioni di fusioni societarie. Il riporto in avanti delle perdite d’esercizio delle società che partecipano a una fusione è condizionato da tre indicatori di vitalità aziendali dettati dall’articolo 172, comma 7, del Tuir, riguardanti i limiti del patrimonio netto, dei ricavi dell’attività caratteristica e delle spese per il lavoro subordinato. Lo scopo del citato articolo 172 è quello di evitare che, con l’espediente della fusione, la società risultante (subentrata a titolo universale alle società fuse o incorporate) possa avere il diritto di dedurre dai redditi futuri le perdite pregresse delle partecipanti all’operazione (le quali verrebbero ad avere come obiettivo quello di servire da “bara fiscale”). Un problema che si presenta spesso è se, una volta rispettati i parametri del Tuir, il riporto delle perdite pregresse possa ancora essere sottoposto alla norma antielusiva dell’articolo 37 bis del Dpr 600/73, la quale, fra le operazioni suscettibili di inefficacia ai fini fiscali, elenca anche l’operazione di fusione societaria. n. 165 vuole sciogliere questo nodo interpretativo con una posizione chiara e di rigore. Partendo dalla considerazione che nessuna legge può sottrarsi al principio del divieto del suo abuso, ritiene che i parametri di vitalità di alcune società non possono essere frutto di artificiosa costruzione, funzionale solo all’utilizzo delle loro perdite pregresse da parte della società risultante. Pertanto, si ritiene inibito il riporto di queste perdite con rilevanza fiscale. E, dunque, in presenza di fusione societaria, la disposizione antielusiva dettata dall’articolo 37 bis del Dpr 600/73 non può trovare applicazione in quanto ha prevalenza la norma antielusiva prevista nel Testo unico.
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