Fusione con prelievo se il bene cambia natura

Pubblicato il 16 aprile 2008 Prendendo in esame il caso di una fusione per incorporazione di due enti di culto, ovviamente senza entrare nel merito della liceità civilistica dell’operazione, l’agenzia delle Entrate ha approfondito gli aspetti fiscali dell’operazione (risoluzione n. 152/E del 15 aprile), che possono essere estesi anche ad altre operazioni straordinarie in cui sia coinvolto un ente non commerciale. Secondo il Tuir vale il principio della neutralità di fusione e scissione tra società o enti che producano reddito d’impresa. Dato che gli enti non commerciali possono svolgere in via prevalente anche attività commerciali, la loro fusione può beneficiare della neutralità fiscale solo per quei beni gestiti dagli enti incorporati in regime d’impresa che, dopo la fusione, confluiscono nell’attività d’impresa dell’ente incorporante. Per i beni gestiti dagli incorporati in regime d’impresa che non confluiscono nell’attività commerciale dell’incorporante si applicano le regole del conferimento. In questo caso si genera una plusvalenza, come se si trattasse di una cessione a titolo oneroso. Questi beni si considerano realizzati al valore normale, come accade nel caso delle trasformazioni eterogenee. L’assimilazione del conferimento alla cessione a titolo oneroso comporta l’applicazione delle regole previste dagli articoli 67 e 68 del Tuir per i redditi diversi e le plusvalenze. Di conseguenza, il passaggio di beni è fuori campo Iva, mentre l’imposta di registro per fusioni e scissioni è applicabile in misura proporzionale. Si applica l’imposta in misura fissa se sono coinvolti enti aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, mentre se la fusione avviene tra due enti con attività commerciale non esclusiva o principale, l’imposta di registro è applicata nella misura del 3%.
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