Flat tax e reddito di cittadinanza, critiche Cndcec. Proposto l'Albo delle imprese

Pubblicato il 13 ottobre 2018

La flat tax al 15% per le partite Iva rischia di produrre effetti distorsivi.

È il monito del presidente Cndcec, Massimo Miani, che al convegno nazionale “Commercialisti e imprese: un binomio per la crescita”, tenutosi ad Agrigento l’11 e il 12 ottobre 2018, ha spiegato: “Ampliare a 65.000 euro il tetto di fatturato fino a cui è possibile rientrare nel regime forfetario dei minimi è una scelta che evidenzia una più che apprezzabile volontà di attenzione nei confronti delle piccole partite Iva, ma non può essere considerato un primo passo della flat tax. L’ampliamento interessa una platea potenziale massima di 593.000 partite Iva individuali che andrebbero ad aggiungersi al milione circa che già se ne avvale dal 2015. Sui circa 40 milioni di contribuenti Irpef, 593.000 significa poco più dell’1%”.

Rimuovere i paletti di accesso alla disciplina

Bisogna dunque, a detta dei commercialisti, rimuovere i paletti di accesso alla disciplina, fattori di enorme distorsione: i vincoli sulla partecipazione a società o associazioni professionali, i tetti di spesa per dipendenti e collaboratori e i tetti di investimento in beni strumentali.

Altrimenti, anche a parità di fatturato, saranno premiate le piccole partite Iva che non si aggregano, che non assumono e che non investono, mentre si penalizzeranno le piccole partite Iva che lo fanno.

Ma, comunque, non basterà: secondo i calcoli della categoria, un libero professionista con fatturato di 65mila euro e costi nell’ordine del 22% del suo fatturato pagherà imposte sul reddito per 7.605 euro, cioè l’11,7%. Un professionista con la medesima struttura di costi, ma con un fatturato di 66mila euro, pagherà imposte per 18.856 euro, il 27,4%, cioè due volte e mezzo in più.

Il reddito di cittadinanza potrà disincentivare l’offerta di lavoro

Manovra di bilancio, riforma fiscale, fatturazione elettronica, tra i temi caldi del Convegno.

Roberto Cunsolo, tesoriere e delegato alle tematiche del lavoro del Consiglio nazionale, è intervenuto sul reddito di cittadinanza: “Temiamo che il reddito di cittadinanza possa disincentivare l’offerta di lavoro. In via di principio, la scelta politica orientata all’aiuto dei cittadini che ricadono incolpevolmente in uno stato di bisogno e sono a rischio di esclusione dal mercato del lavoro non è criticabile, ma al contempo non possono essere, con senso di responsabilità, sottaciute le nostre preoccupazioni in ordine agli effetti collaterali generati dall’attuazione delle misure annunciate.”.

È realistica la possibilità che il reddito di cittadinanza possa “disincentivare l’offerta di lavoro, di chi non lavora, perché ne accresce il reddito nello stato di non-occupazione, dei lavoratori a basso reddito beneficiari del reddito di cittadinanza, ad esempio i part-time o i temporanei, per i quali sussisterebbe un 'effetto sostituzione' dovuto sia alla riduzione del beneficio per ciascun euro in più di reddito da lavoro sia a un’eventuale diversa tassazione di quest’ultimo rispetto al beneficio stesso. Senza dimenticare quei lavoratori che, in base al reddito da lavoro, non risulterebbero beneficiari del reddito di cittadinanza, ma che potrebbero accedervi riducendo la quantità di ore lavorate.”

Creare un Albo per le imprese del Made in Italy

E' la proposta emersa durante il convegno: creare un Albo per le imprese del Made in Italy, con accesso su richiesta delle stesse imprese interessate.

L'accesso dovrebbe essere legato al possesso di determinati requisiti, come:

Le imprese iscritte avrebbero agevolazioni fiscali specifiche, che il Cndcec ipotizza:

In merito è stato redatto, dal Consiglio e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti, il documento “Il Cluster Made in Italy”, che rientra nel progetto Attività d’impresa del Cndcec per il rafforzamento dei contenuti specifici della professione.

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