La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 12649 del 19 maggio 2017, nell'accogliere il ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Ctr Lazio, chiarisce che l'Amministrazione può assolvere al suo onere probatorio anche mediante presunzioni, come espressamente previsto per l'Iva dal Dpr 633/72 e per le dirette dal Dpr 917/86; dunque non deve fornire prova certa per contestare le fatture false: la detrazione di imposta può essere negata anche sulla base di presunzioni delle quali il giudice, poi, valuterà la gravità.
Nel caso di specie, spiegano gli ermellini, il giudice tributario di merito avrebbe dovuto valutare, la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l'atto in argomento, esaminandoli sia signolarmente che nel complesso, ed esponendo adeguatamente l'esito nella motivazione della sentenza e, successivamente, valutare gli elementi probatori a discarico.
Poiché, invece, ha affermato erroneamente e con eccessiva concisione la necessità da parte del Fisco di fornire prova certa dell'inesistenza delle operazioni, la questione è rimessa alla Ctr, che dovrà rivalutare l'intero caso e stabilire se le presunzioni utilizzate dal fisco per contestare le fatture false sono gravi e quindi sufficienti oppure no.
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