Dopo una lunga fase di “digestione” delle novità, note ormai fin dall’inizio dell’anno, dal prossimo lunedì partirà la riforma del diritto fallimentare. Si andrà così a completare la prima parte di un processo di riorganizzazione avviato già dalla primavera del 2005 quando, nell’ambito della disciplina per il rilancio della competitività, vennero riviste le regole sul concordato preventivo, introdotti gli accordi di ristrutturazione dei debiti e ampliati gli atti esenti da revocatoria. Fra le molteplici novità introdotte dalla riforma del diritto fallimentare si ricorda: la riduzione delle sanzioni penali al fallito; la ridefinizione delle competenze degli organi della procedura all’insegna della riduzione del peso dell’autorità giudiziaria; l’esedebitazione circoscritta per ora alle persone fisiche che costituisce un altro elemento a favore dell’impresa, permettendo la liberazione dai debiti residui per l’imprenditore che, senza aver riportato condanne penali, ha collaborato con gli organi della procedura agevolando le conclusioni del fallimento.
Non da meno sono le novità previste in materia di concordato fallimentare, soprattutto nell’ottica di favorire il più possibile fuoriuscite non traumatiche dalla crisi d’impresa. Per tali ragioni le novità che riguardano il concordato fallimentare assumo rilievo soprattutto da un punto di vista pratico, auspicando che da ora in avanti gli imprenditori facciano un maggiore ricorso all’istituto di quanto non abbiano mai fatto in passato. La vera peculiarità della materia consiste nel fatto che la proposta di concordato fallimentare può provenire non solo dal fallito ma anche dai creditori o da terzi. La proposta di concordato può contenere la suddivisione dei creditori in classi e trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi differenti. Tale proposta è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede un parere al comitato dei creditori e al curatore. Infine, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto; in caso di divisione in classi, il sì deve arrivare da ciascuna classe.
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