Una valutazione positiva sull’attività di accertamento è stata fatta da Luigi Magistro, direttore centrale Accertamento dell’agenzia delle Entrate, nel corso di una recente intervista radiofonica. Secondo Magistro, l’attività di accertamento vede un buon riconoscimento da parte dei contribuenti, che danno ragione all’Amministrazione finanziaria e aderiscono in buona percentuale alla richiesta fiscale. Riguardo ai tempi piuttosto lunghi per quanto riguarda l’effettivo recupero delle somme accertate, la causa è da ricercare nel forte tasso di “litigiosità che esiste nel nostro paese, non solo in ambito fiscale”. Dunque, una valutazione positiva che deriva anche dal forte spirito di collaborazione istauratosi negli ultimi anni tra i comuni e l’agenzia delle Entrate nella lotta all’evasione. Si ribadisce, così, nell’ambito del quadro normativo attuale, l’adeguamento delle regole come degli strumenti che sono da ritenersi più che sufficienti.
I destini degli strumenti adottati dall’Amministrazione finanziaria in tema di accertamento si sono incrociati già in passato: scudo fiscale e redditometro sono stati oggetto di preclusione degli accertamenti se relativi a “imponibili”che siano riferibili alle attività oggetto di emrsione. Si tratta di una preclusione che opera automaticamente, cioè senza prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia possibile ricondurre gli imponibili accertati alle attività costituite o detenute all’estero oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione (circolare n. 99/E/2001). Il dibattito sull’intreccio tra scudo e redditometro ha richiamato più di un intervento dell’agenzia delle Entrate. Oltre alla citata circolare n. 99/E, il Fisco è intervenuto anche con il successivo documento di prassi n. 101/E/2001, con cui si chiarisce che l’effetto preclusivo dell’accertamento può essere opposto anche nei confronti di accertamenti di tipo “sintetico”.
Roberta Moscioni
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