In occasione del primo convegno su “La riforma del diritto fallimentare”, l’Ordine dei dottori commercialisti e quello degli avvocati di Monza hanno evidenziato come i buchi lasciati aperti dalla riforma in vigore dallo scorso 16 luglio rischiano di mandare in tilt il sistema dei fallimenti. Le nuove norme, infatti, invece di semplificare procedure e termini potrebbero allungare i tempi dei processi e perfino mettere a repentaglio il soddisfacimento dei creditori. I maggiori problemi emersi dall’interpretazione della riforma da parte degli addetti ai lavori, magistratura compresa, evidenziano quattro aree di criticità: istruttoria prefallimentare; accertamento del passivo; disciplina penale e liquidazione. I primi limiti della riforma si evincono dai parametri per individuare i piccoli imprenditori esclusi dal fallimento. L’interpretazione di questi parametri già porta a delle divergenze, ma soprattutto sembrerebbe toccare al creditore, privo dei mezzi necessari, dimostrare che l’imprenditore ha superato le soglie di esenzione. Un altro limite è poi ravvisabile nel fatto che il giudice non può dichiarare d’ufficio il fallimento, lasciato all’iniziativa delle parti o del Pm.
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