Configurabilità del concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti dell’ex amministratore della società che, pur non avendo firmato la dichiarazione, abbia partecipato a creare il meccanismo fraudolento.
E’ stata confermata, dalla Corte di cassazione, la condanna penale impartita all’ex legale rappresentante di una Srl, giudicato responsabile per concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.
A fronte della censura difensiva con cui lo stesso, in sede di gravame, aveva asserito la propria estraneità ai fatti, documentando di avere cessato dalla carica di amministratore e di non essere il legale rappresentante della società e, soprattutto, di non essere il firmatario della dichiarazione al momento della presentazione, la Corte d’appello aveva diversamente qualificato il fatto originariamente contestato.
L’ex amministratore era stato comunque ritenuto responsabile quale concorrente extraneus, ai sensi dell'art. 110 cod.pen., nel reato commesso dall'amministratore/liquidatore, firmatario della dichiarazione e legale rappresentante della società Srl, al momento dell'inoltro della dichiarazione.
Con sentenza n. 32237 del 26 agosto 2021, la Terza sezione penale della Cassazione ha confermato tale statuizione, dopo aver riepilogato le coordinate interpretative che regolano la materia.
E’ stato ricordato, così, che il reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 è un reato omissivo proprio, essendo soggetti attivi del reato coloro che sono obbligati alla presentazione di taluna delle dichiarazioni annuali previste dalla disposizione.
Nel caso delle società, il soggetto tenuto alla presentazione delle dichiarazioni fiscali si identifica nel legale rappresentante della stessa e, sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che la responsabilità per i reati previsti dal D. Lgs. n. 74/2000, è attribuita all'amministratore, individuato secondo le norme civilistiche di cui agli artt. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 c.c., ossia a coloro che rappresentano e gestiscono l'ente.
Quanto al momento consumativo del reato, è stato ricordato che i delitti di dichiarazione fraudolenta si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall'agente.
E’ in tale momento che deve essere individuato il soggetto autore del reato mentre non risponde penalmente l'amministratore che, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura venga poi utilizzata dal suo successore.
Tuttavia, l'irrilevanza, sul piano penale, delle condotte pregresse non esclude che esse possano essere valorizzate di per sé stesse - come era stato ritenuto nella sentenza impugnata - quale elemento per configurare il concorso dell'estraneo nel reato.
Infatti – ha precisato, in proposito, la Suprema corte - è configurabile il concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di chi, pur essendo estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta, abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all'amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia.
E’ dunque configurabile, in capo a un extraneus, il concorso nel reato proprio di dichiarazione fraudolenta, non apparendo ostarvi, in via di principio, la natura di reato istantaneo.
A seguire, la Cassazione si è soffermata sull’individuazione degli elementi per ritenere configurabile il predetto concorso del terzo estraneo.
L’extraneus – si legge nella sentenza - risponde in presenza di tre presupposti, ossia:
Elementi, questi, ritenuti tutti presenti della vicenda in esame.
La Corte territoriale aveva rilevato, in primo luogo, che, alla data della presentazione della dichiarazione annuale Ires relativa all'anno d'imposta 2011, il ricorrente aveva cessato dalla carica di amministratore della società, essendo questa stata precedentemente posta in liquidazione, con nomina del liquidatore nella persona del figlio.
Con valutazione in fatto non sindacabile, in quanto logicamente e adeguatamente argomentata, aveva aggiunto che la cessazione della carica sociale non aveva tuttavia spogliato l'amministratore della società.
Era stato dimostrato, infatti, che l'imputato aveva tenuto un comportamento consapevole, intenzionale e diretto a eludere l'obbligo tributario poiché egli:
Tali fatture avevano lo scopo di ridurre i costi e la conseguente obbligazione tributaria, nella piena consapevolezza del ruolo dell'intraneo, figlio nominato liquidatore che aveva posto in essere l'attività tipica.
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