Al centro dell’analisi odierna è la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle Commissioni tributarie di Frosinone e Cosenza sull’articolo 10 della legge 289/2002 in tema di proroga dei termini per l’accertamento verso chi non avesse aderito al condono. Più precisamente, la norma proroga i termini per l’accertamento “per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli articoli da 7 a 9 della presente legge” (la 289/2002 istitutiva degli ultimi condoni). Dunque, i termini sono prorogati per tutti quelli che non hanno aderito al condono: una vera e propria imposizione a presentare istanza di definizione.
In merito, la Corte costituzionale ha emesso la sentenza 356 del 2008 nella quale, come preconizzato dall’autore, si è operato l’ennesimo “salvataggio” del condono dettato dalle necessità dell’Erario. La spiegazione data è che la proroga ha la finalità non di punire i contribuenti che hanno scelto di non avvalersi del condono, bensì di ovviare al sensibile aggravio di lavoro e ai relativi rischi di disservizio e di mancato rispetto degli ordinari termini di prescrizione e di decadenza della pretesa fiscale “che prevedibilmente derivano agli uffici finanziari dalla necessità di seguire operazioni di verifica conseguenti alla presentazione delle richieste di condono dei contribuenti”.
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