Rispetto alle regole sulla prova che disciplinano il processo tributario, , con la sentenza n. 109/2007, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 546/1992, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.
Infatti la soppressione dell’ex articolo 3 bis, comma 5 della legge 248/2005, che toglie alle Commissioni tributarie “la facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia”, non può dar luogo a dubbi di legittimità costituzionale, accentuando “la terzietà del giudice quanto ai poteri istruttori”.
Si viene così ad escludere in capo al giudice tributario ogni “supplenza” nell’esercizio dei poteri istruttori delle parti, e in particolare, della parte pubblica, attraverso un incondizionato potere di iniziativa officiosa. Inoltre viene rafforzata la già sancita impossibilità da parte del giudice tributario di eludere i termini stabiliti alle parti per il deposito dei documenti, al fine di rispettare il contraddittorio. Entrambe le parti, comunque, hanno la possibilità di produrre documenti anche in caso di rinvio dell’udienza e di effettuare produzioni documentali anche in appello.
La motivazione della sentenza, tuttavia, investendo l’inquadramento complessivo dei poteri istruttori del giudice tributario suscita diverse perplessità. L’intervento “suppletivo” della Consulta meriterebbe, quindi, di essere sostituito quanto prima da un nuovo regime complessivo disciplinare, effettivamente rispondente alle peculiari esigenze del processo tributario.
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