Se il contribuente affida le operazioni relative alla compliance tributaria al proprio professionista che non adempia al proprio dovere, non è liberato dall’obbligo di sorvegliarne, per quanto in suo potere, l'operato, tenendo condotte agevolmente realizzabili senza eccessivo sforzo: ad esempio chiedendo copia della ricevuta di trasmissione della dichiarazione o delle quietanze di pagamento delle imposte presso gli intermediari finanziaria.
Le irregolarità commesse dal commercialista sono a questo imputabili se l’assistito ha sorvegliato.
La Cassazione, nell’ordinanza n. 12901 del 15 maggio 2019, sul caso di un contribuente che imputava al proprio commercialista di averlo fatto aderire al condono tombale a sua insaputa, spiega che il principio di diritto cui riferirsi, detta, in tema di sanzione tributaria, che l’elemento soggettivo della violazione, che può constare anche solo della colpa, comporta che, al fine di escludere la responsabilità dell'autore dell'infrazione, non basta uno stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale ignoranza sia incolpevole, cioè non superabile dall'interessato con l'uso dell'ordinaria diligenza.
Sempre lo stesso principio di diritto sancisce che l'onere probatorio, la prova dell'assenza di colpa, grava sul contribuente, sicché va esclusa la rilevabilità d'ufficio di una presunta carenza dell'elemento soggettivo, sotto il profilo della mancanza assoluta di colpa.
Nel caso di specie il contribuente non ha fornito prova dell’assenza di colpevolezza. Anzi, la Corte aggiunge che il pagamento della prima rata del condono è fatto di per sé idoneo a provare il contrario.
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