Conseguentemente alle disposizioni del Decreto Bersani (decreto legge 223/2006), alle sentenze del luglio 2008 della Corte di Giustizia Ue e a quelle successive della Cassazione, il condono Iva del 2002, in virtù della sanatoria firmata Berlusconi, si è trasformato in un “outing” dei contribuenti che vi hanno aderito, con superamento di un tetto fissato per legge, denunciati obbligatoriamente dai controllori all’autorità giudiziaria.
La GdF e il Fisco stanno notificando ai contribuenti verbali e accertamenti per quanto autodenunciato allora. A nulla è valso finora esibire la documentazione del condono.
La questione è che il decreto Bersani ha portato a 8 anni il termine di accertamento per i reati penalmente rilevanti e la Giustizia Ue e la Cassazione hanno invalidato il condono in oggetto. Inoltre, a raddoppiare i termini già raddoppiati è la stessa notizia di reato.
A peggiorare le cose, la possibilità concreta che il contribuente non abbia conservato la documentazione necessaria per la difesa. Al contribuente non resta che chiamare in causa per risarcimento dei danni le istituzioni dello Stato perché l’adesione al condono è scaturita da atti dell’Amministrazione che sembravano legittimi, poi sconfessati a cose fatte. Intanto, pende sul Fisco la possibilità di una sentenza della Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla questione da una Ct di Napoli, che condanni le Entrate al risarcimento di quanto finora recuperato.
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