La controversia tra Fisco e Comuni circa il pagamento della tassa di concessione governativa sui telefonini da parte di quest’ultimi ha tenuto impegnate, negli ultimi tempi, numerose commissioni tributarie del Nord Italia, che si sono espresse con sentenze per lo più favorevoli ai vari enti locali. Solo in tre casi ad essere avvantaggiata dalla giurisprudenza di merito è stata l’Amministrazione finanziaria. Due di queste pronunce sono quelle rilasciate dalla quinta e nona sezione della Commissione tributaria provinciale di Viterbo, sentenza n. 15 e n. 55 del 2010, con cui è stata confermata l’esigibilità del tributo da parte dei Comuni sui telefoni cellulari di servizio concessi in uso ai propri dipendenti.
Secondo la giustizia tributaria, i Comuni non possono essere esentati dal pagamento della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti di telefonia mobile (contratti in abbonamento “business” a 12,91 euro mensili per ciascun apparecchio), dato che l’articolo 13-bis del Dpr 641/1972 non contempla tale ipotesi.
In altri termini, i Comuni non sono indicati tra i soggetti esenti e non sono equiparabili alle amministrazioni dello Stato. Dunque, per il principio espresso secondo cui “le esenzioni che competono allo Stato non possono essere estese agli enti locali se non in base a una norma che ciò preveda in modo esplicito”, il pagamento della tassa risulta dovuto, essendo preclusa la possibilità di ricondurre l’esenzione ad una interpretazione analogica dell’articolo 74, comma 1, del Tuir, che esclude dall’assoggettamento a Ires lo Stato e vari enti pubblici, ostandovi ragioni sostanziali sistematiche.
Per la Ctp Vicenza, si tratterebbe di due fattispecie ben differenti: l’Ires che colpisce il reddito e la tassa di concessione governativa che ha una normativa ad hoc che elenca in modo tassativo i casi di esenzione.
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