La brevità temporale di un’udienza che non sia di mero rinvio non può comportare il diniego del compenso all’avvocato.
Difatti, il tempo necessario per lo svolgimento della prestazione può rilevare unicamente ai fini della quantificazione del dovuto al professionista ma non può giustificare addirittura la negazione di un compenso.
E’ sulla base di questi assunti che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 18791 del 10 settembre 2020, ha accolto il ricorso di un legale, difensore di fiducia di un imputato ammesso al gratuito patrocinio, al quale il Tribunale, sul rilievo dell’estrema brevità temporale di un’udienza preliminare, aveva negato la spettanza del compenso per la prestazione ivi svolta.
Gli Ermellini, sul punto, hanno ricordato come l’art. 12, comma 1, del DM n. 55/2014, preveda che, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per le prestazioni professionali dallo stesso rese nel giudizio penale si tenga conto, tra l’altro, del numero delle udienze, pubbliche o camerali, diverse da quelle di mero rinvio, e del tempo necessario all’espletamento delle attività medesime.
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