Compensi professionali: prevale l'accordo delle parti

Pubblicato il 14 novembre 2022

Ultima pronuncia della Corte di cassazione in tema di liquidazione dei compensi professionali.

Con ordinanza n. 33053 del 9 novembre 2022, la Sesta sezione civile della Cassazione ha accolto le doglianze avanzate da un libero professionista, un avvocato, contro l'ordinanza con cui il giudice di secondo grado aveva liquidato il compenso allo stesso spettante per l’attività professionale svolta nell’ambito di un giudizio civile, per conto di una Srl.

La Corte d'appello, in particolare, aveva accolto solo parzialmente le richieste del legale, liquidando le competenze dovute per il primo grado e per il secondo grado del giudizio, ma escludendo la spettanza della maggiorazione dell’80% espressamente convenuta tra le parti in caso di pieno raggiungimento dei risultati.

Sul punto, pur avendo dato atto del “pieno successo” della iniziativa giudiziaria in relazione alla quale il professionista aveva prestato la sua opera professionale, la Corte aveva escluso l'applicazione della predetta maggiorazione sulla base del semplice rilievo che non ne sussistevano i presupposti.

L'avvocato aveva quindi proposto ricorso in sede di legittimità ai fini della cassazione della predetta pronuncia.

In questa sede, la Corte di cassazione ha condiviso la proposta di definizione avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., favorevole all'accoglimento del ricorso.

In particolare, è stato richiamato l'articolo 2233 c.c. che, in tema di compensi a favore dei liberi professionisti, attribuisce valore preferenziale, tra i vari criteri di determinazione del compenso, alla convenzione intervenuta fra le parti.

Si prevede, nel dettaglio, che solo in mancanza di quest'ultima, ed in ordine successivo, si faccia riferimento alle tariffe ed agli usi, ovvero alla determinazione del giudice, il quale dovrà far riferimento ai parametri stabiliti con Decreto ministeriale.

In materia di onorari per le professioni intellettuali - dunque - l’accordo tra le parti costituisce la fonte principale per la determinazione del compenso.

In presenza di esso, va esclusa la possibilità per il giudice, di ricorrere ad una liquidazione del compenso stesso in misura diversa da quella pattuita, a norma dell’art. 2233 c.c. citato, anche a prescindere da ogni indagine sulla congruità del quantum convenuto rispetto all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Nella vicenda di specie, la Corte d'appello aveva escluso l'applicazione della maggiorazione sulla base di un'asserita “mancanza dei presupposti", senza chiarire quali essi fossero e i motivi di tale decisione.

Si trattava di una motivazione meramente assertiva e, dunque, apparente e sostanzialmente omessa, da cui discendeva la cassazione, con rinvio, della decisione impugnata.

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