Con il corposo parere n. 855 del 1° aprile 2016, il Consiglio di Stato entra nel merito della “storica” riforma del Codice degli appalti. Ne parla un comunicato dello stesso giorno pubblicato sul sito.
L’elaborazione di un codice richiede ordinariamente tempi molto lunghi. I tempi stretti di redazione hanno comportato inevitabili refusi, incoerenze e difetti, che potranno essere in parte rimediati da subito attraverso il recepimento dei pareri, in parte mediante gli altri strumenti apprestati dall’ordinamento (avvisi di rettifica, errata corrige, decreti correttivi). A fini di maggior chiarezza il codice andrebbe corredato da tabelle di corrispondenza delle sue disposizioni a quelle delle direttive e del previgente codice.
Secondo il parere, che etichetta come giusta la scelta di abbandonare il regolamento attuativo unico e scegliere la “soft law” affidata all’Anac, tre sono i tasselli della bozza del decreto andati oltre i limiti della delega:
c'è una semplificazione eccessiva dei piccoli appalti (riduzione delle imprese da invitare nei piccoli appalti);
bisognerebbe fare attenzione alle deroghe per la protezione civile;
necessita un congruo periodo transitorio per il passaggio dal vecchio al nuovo sistema, allungando anche da uno a due anni il tempo massimo per introdurre dei correttivi con un nuovo decreto del Governo.
Infine, il Consiglio invita a perseguire con determinazione la riduzione del numero delle stazioni appaltanti salvaguardando meglio le Pmi.
Maggior rigore è chiesto nella disciplina dei requisiti morali dei concorrenti attraverso l’ampliamento del novero delle condanne penali per cui si è esclusi dalle gare.
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