Cassa forense, riforma col timer

Pubblicato il 16 ottobre 2008

Paolo Rosa, presidente dell’ente di previdenza degli avvocati, spiega, nelle pagine di ItaliaOggi dedicate alla riforma del sistema, le ragioni a capo del restyling: “La nostra missione è (...) garantire la sostenibilità di lungo periodo dei conti e l’adeguatezza delle prestazioni agli iscritti”. Lo ha imposto la Finanziaria per il 2007 per almeno trent’anni.

Così, durante il 2006, il presidente Rosa ha approvato una miniriforma che dà sostenibilità ed equilibrio di gestione sino al 2032, permettendo di superare il limite prescritto dei trent’anni. Prevede l’innalzamento graduale dell’età pensionabile (nel 2027 gli avvocati andranno in pensione a settant’anni), l’aumento della misura del contributo soggettivo, di quello integrativo e di quello di solidarietà. Ma non piace ai Giovani Avvocati: “Da un lato si è scelto di aumentare notevolmente i contributi, a fronte di una oggettiva difficoltà reddituale della categoria, dall’altro, in maniera assolutamente contraddittoria, di far partire la riforma “strutturale” dal 2012, con scaglioni che la dilatano nel tempo”. Spiega così il malcontento dell’Aiga il nuovo presidente, Giuseppe Sileci, sorretto dal convincimento che “L’avvocato pensionato è un lusso che non ci possiamo più permettere”. Il giovane avvocato sostiene perciò il debito pensionistico senza la prospettiva di ottenere una pensione decorosa.

Circa la scelta di restare nel sistema retributivo, criticata anche dall’Anf, il presidente Rosa ammette che, sì, era più favorevole a passare al contributivo, che meglio di tutti mette in sicurezza l’equilibrio di lunghissimo periodo. Tuttavia, “avremmo dovuto rinunciare all’adeguatezza delle prestazioni con un taglio del 50% degli importi delle pensioni. Tagli che avrebbero dovuto sostenere soprattutto i giovani”.

Con la riforma del 2006 “avremo una grande patrimonializzazione e potremo garantire la sostenibilità fino al 2050”, dice Paolo Rosa. Però, l’impegno della Cassa forense è di fare un tagliando ogni anno, per vagliare la tenuta del sistema confrontando i bilanci annuali con le proiezioni attuariali fatte seguendo i criteri della legge n. 296/06.

Resta confermato l’impianto normativo per le pensioni di invalidità, inabilità e reversibilità, salvi i necessari adeguamenti conseguenti alle correzioni intervenute sui trattamenti principali (pensione di vecchiaia e anzianità). Ne deriva che la pensione di inabilità spetta al verificarsi delle due condizioni consistenti nella esclusione totale e permanente delle capacità dell’iscritto all’esercizio della professione e nell’aver maturato almeno cinque anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa (l’iscrizione dev’essere in atto da data anteriore al compimento dei 40 anni di età. La concessione della pensione è subordinata alla cancellazione dagli albi professionali ed è sospesa in caso di nuova iscrizione, salvo il diritto della Cassa forense a ripetere i ratei di pensione corrisposti dalla data di reiscrizione. La pensione di invalidità spetta all’iscritto la cui capacità all’esercizio della professione sia ridotta in modo continuativo a meno di un terzo, per infermità o difetto fisico o mentale sopravvenuti dopo l’iscrizione. Le pensioni sono reversibili a favore del coniuge superstite, dei figli minorenni o maggiorenni inabili a proficuo lavoro o dei figli maggiorenni che seguono corsi di studio, sino al compimento della durata minima legale del corso seguito e comunque, per gli studi universitari, non oltre il 26° anno di età, con diverse percentuali a seconda del numero dei figli a carico o della presenza o meno del coniuge.

Infine, la riforma tocca i pensionati di vecchiaia che restano iscritti all’albo continuando ad esercitare un contributo soggettivo pari a quello degli iscritti fino alla maturazione del supplemento di pensione e corrispondente al 5 per cento del loro reddito professionale prodotto (3% sulla quota eccedente il tetto di reddito). L’intervento di riforma dovrebbe tradursi, per questa categoria, in un sensibile incremento delle entrate contributive future, tanto per il progressivo aumento del numero dei pensionati ipotizzato nei prossimi anni quanto per il sempre più elevato numero di coloro che restano iscritti agli albi anche dopo il pensionamento e che spesso sono titolari di redditi professionali molto elevati.      

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