Recentemente, in relazione all’applicazione della riforma dei fallimenti, il tribunale di Milano è entrato nel merito dell’interpretazione sui limiti patrimoniali (sentenza del 6 marzo 2007) e sul concordato preventivo (decreto del 9 marzo 2007). Nello specifico, si chiarisce che il “superamento del limite va verificato con riferimento ai bilanci depositati degli ultimi tre esercizi (per le società di capitale) o ai “modelli unici” (per le società di persone e per gli imprenditori individuali) inviati, per lo stesso triennio, all’agenzia delle Entrate”, ma in assenza di tale contabilità fa fede l’ultimo bilancio depositato, purché non sia vecchio di cinque anni. Se si rilevano investimenti “notevolmente superiori a 300.000 euro” si deve presumere che essi persistano nel patrimonio sociale almeno per tale cifra, e si determina la presunzione di non “piccolezza” della società.
Con il decreto, invece, si chiarisce che la proposta di concordato può essere modificata dal debitore anche “in bonis” fino alla data dell’adunanza. La procedura può essere bloccata, tramite dichiarazione di fallimento, solamente per cause che facciano ritenere che non vi sia alcuna possibilità di soddisfacimento dei creditori chirografari.
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