In data 20/12/2009 il lavoratore Tizio presenta alla DPL richiesta di intervento nei confronti della società Alfa, lamentando, tra l’altro di essere stato occupato irregolarmente dal 01/02/2007 al 30/11/2009. In seguito alle verifiche ispettive la DPL adotta verbale conclusivo che accerta la sussistenza del rapporto di lavoro denunciato da Tizio, con consequenziale adozione degli atti sanzionatori. La DPL, dopo l'adozione del verbale, ma prima dell'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione, comunica al lavoratore mediante lettera raccomandata A.R. l'esito delle verifiche effettuate. Appena ricevuta la lettera il lavoratore Tizio, con l’assistenza del proprio legale, presenta alla DPL istanza di accesso per conseguire visione ed estrazione in copia del verbale di ispezione e di tutti gli atti istruttori del procedimento, comprese le dichiarazioni rilasciate dalle persone all’uopo escusse dagli ispettori del lavoro. Tale istanza viene puntualmente motivata con la necessità di valutare l’opportunità di instaurare azione giurisdizionale avanti al Tribunale civile in funzione di Giudice del Lavoro, per conseguire l’accertamento del rapporto di lavoro intrattenuto con la società Alfa e la condanna di quest'ultima al risarcimento del danno. La DPL riscontra l’istanza opponendo diniego sulla base delle seguenti asserzioni: 1) la nota inviata al Tizio nella quale veniva dato atto delle risultanze dell’ispezione sarebbe già esaustiva delle informazioni oggetto di istanza di accesso; 2) alcun interesse del lavoratore è correlato alla presa visione del verbale ispettivo; 3) l'interesse all'instaurazione di azione giurisdizionale non sarebbe tutelato in quanto occorrerebbe l'effettiva pendenza di un giudizio; 4) l'interesse alla presa visione degli atti potrebbe essere soddisfatto solo in giudizio formulando al Giudice del Lavoro istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c.
In sede ispettiva l'esercizio di tale diritto assume tuttavia aspetto peculiare in ragione del carattere delicato degli interessi coinvolti nell'azione amministrativa, giacché l'obiettivo di garantire una corretta e trasparente osservanza della normativa lavoristica rischia di provocare un abbassamento della tutela dei lavoratori. Questi ultimi infatti, rilasciando dichiarazioni agli ispettori del lavoro, risulterebbero particolarmente esposti nei confronti del datore di lavoro ispezionato, che il più delle volte, con la richiesta di accesso agli atti, mira proprio ad ottenere tali documenti.
Tuttavia l'istanza di accesso risulta stimolata proprio dalla conformazione del procedimento ispettivo, strutturato in modo tale da garantire, ai soggetti coinvolti nell’azione, la conoscenza dei sottostanti atti istruttori, già prima dell’adozione del provvedimento di ordinanza ingiunzione, atto conclusivo del procedimento. Infatti, tale conoscenza deve essere garantita in prima battuta nel verbale di primo accesso ispettivo e poi soprattutto nel verbale unico di accertamento. In particolare quest’ultimo atto, sebbene non autonomamente impugnabile avanti agli organi giurisdizionali, segna un punto centrale del procedimento, atteso che, ai sensi dell’art. 33 comma 4 lett. a) della L. n. 183 lo stesso deve contenere, tra l’altro: “gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati”.
Il portato garantista di tale norma, sebbene collimante con le finalità sopra illustrate in materia di diritto di accesso, subisce un drastico ridimensionamento per effetto dell’art. 2 del DM 757/94, lett. b) e c) che, in attuazione dell’ 24 L. 241/1990, VI comma, lett. d) della L. n. 241 cit., rende non ostensibili “i documenti contenenti richieste di intervento dell'Ispettorato del Lavoro nonché i documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi”.
Sicché, alla luce di tali disposizioni e nell'ipotesi in cui venga presentata un'istanza di accesso all'esito dell'adozione del verbale ispettivo, e prima dell'emanazione dell’ordinanza ingiunzione, occorre stabilire quale sia l’interesse che debba prevalere tra l’esigenza di evitare eventi pregiudizievoli in danno ai lavoratori, e più in generale ai terzi, e la necessità di garantire le finalità sottese all’istituto de quo tra cui il diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione.
Recentemente i Giudici amministrativi sono tornati sull’argomento con una statuizione equilibrata e sono giunti ad affermare che “la sottrazione all'accesso degli atti dell'attività ispettiva in materia di lavoro postula che risulti un effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori, sulla base di elementi di fatto concreti, e non per presunzione assoluta. Si può anche ritenere che il pericolo di pregiudizio sia presunto, ma la presunzione va ritenuta relativa e suscettibile di prova contraria da parte del richiedente l'accesso”.
Vero è che tale pronuncia, così come tutto il pregresso orientamento si è formato su istanze di accesso formulate dai datori di lavoro, in quanto destinatari degli atti sanzionatori della DPL, vero è altresì che il portato di tale pronuncia appare suscettibile di applicazione ad ogni richiesta di accesso, indipendentemente dal ruolo dell'istante, purché legittimato ai sensi dell'art. 22 L. n. 241 cit. e sempre debitamente motivata.
E infatti non si può affatto escludere che sia lo stesso lavoratore, una volta informato dalla DPL avanti alla quale aveva presentato a suo tempo richiesta di intervento, a chiedere all'organo amministrativo l’ostensione degli atti ispettivi; richiesta motivata con il dichiarato fine di fondare su di essi il proprio diritto all’azione giurisdizionale, nei confronti del datore di lavoro.
Ciò per l’appunto è quanto avvenuto nel caso di specie, ma il riscontro formulato dalla DPL non appare del tutto convincente.
Punto 1)
Non è convincente l'affermazione di diniego della DPL contenuta nel punto 1) (l'informativa avente ad oggetto l'esito delle verifiche ispettive, inviata dalla DPL a Tizio all'esito dell'adozione del verbale unico, sarebbe pienamente esaustiva al punto da rendere irrilevante l'ostensione degli atti istruttori oggetto di richiesta di accesso).
È piuttosto vero il contrario nel senso che tale informativa ha il solo ed evidente scopo di rendere edotto il lavoratore dell'esito delle verifiche svolte, con l'intento di consentire al predetto di esaminare atti specifici che gli riconoscono la titolarità di un rapporto di lavoro subordinato, al quale, come noto, sono connesse specifiche tutele normative, contrattuali, previdenziali e assicurative.
Punto 2)
Non del tutto corretta risulta altresì l'asserzione contenuta al punto 2), per la quale il lavoratore non avrebbe alcun interesse all'ostensione del verbale ispettivo.
Con riferimento alla legittimazione all'accesso l’art. 22 della comma I lett. b) della L. n. 241 cit. e l’art. 1 del D.P.R. n. 184/06 riconoscono la titolarità del diritto di accesso in capo a tutti coloro “[…] che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”.
Se è vero che tale interesse non appare così evidente ove sia “diretto” a conseguire l'accesso di atti sanzionatori tout court, è altrettanto vero che la locuzione “tutelata”, contenuta nell’ art. 22 della comma I lett. b) della L. n. 241 cit, non richiede che la situazione soggettiva debba fruire di immediata tutela giurisdizionale. Infatti tale situazione è sufficiente che sia riconosciuta dall’ordinamento giuridico, nel senso che debba trattarsi di un “[…] qualsiasi interesse differenziato e protetto dall’ordinamento, purché serio e non emulativo, anche se non immediatamente azionabile in giudizio” (cfr. Cons. St. n. 6545/07, e prima ancora Cons. St. Ad. Plen. n. 6/06; e ancora recentemente TAR Veneto Sez. I, n. 932/11).
In tale prospettiva, pertanto, non appare così infondato sostenere che il lavoratore sia effettivamente titolare di un interesse quantomeno diretto all'accesso della motivazione del verbale, con la quale viene riconosciuto il diritto di costui a ricevere la lettera di assunzione, ovvero i prospetti paga. Tali documenti, infatti, attengono al rapporto di lavoro riconosciuto dagli ispettori con il verbale stesso.
Punto 3)
Quest’ultima considerazione vale a confutare anche l'assunto al punto 3), per cui l'istanza di accesso motivata col proposito di intraprendere azione giurisdizionale non sarebbe meritevole di tutela, occorrendo invero l'effettiva instaurazione di un procedimento giurisdizionale.
Come sopra descritto la situazione giuridica sottesa all'accesso non deve necessariamente coincidere con una posizione di diritto soggettivo o interesse legittimo, ma deve essere quantomeno rilevante e tutelata dall'ordinamento, non essendo invece sufficiente né un interesse di mero fatto, né una forma di controllo dell'azione amministrativa.
In altri termini, con l'introduzione dell'azione a tutela dell'accesso il Legislatore ha inteso assicurare la trasparenza della P.A., indipendentemente dalla lesione in concreto di una determinata posizione soggettiva, giacché l'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi viene elevato a bene della vita autonomo, non collegato alla tutela giurisdizionale.
Ne segue che la motivazione addotta dalla DPL a giustificazione del diniego apposto a Tizio deve ritenersi non congrua rispetto a quanto sopra esposto, anzi del tutto contrastante con le regole fondanti l'istituto de quo.
Vero è semmai, come precisato dal Consiglio di Stato che l'istanza deve essere redatta in modo tale da contenere una motivazione puntuale e circostanziata, onde porre l'Amministrazione in condizione di effettuare una valutazione concreta, che scongiuri soluzioni che espongano i “controinteressati” a possibili pregiudizi.
Ciò che si rende necessaria è una comparazione dei valori costituzionali contrapposti (da un lato, riservatezza, dall’altro, trasparenza e informazione) da effettuarsi, non già in astratto, bensì in concreto, mediante un effettivo bilanciamento dei beni della vita, conseguibile con la risoluzione degli interessi in conflitto.
Nel premettere che la materia si presta a decisioni “caso per caso”, è al più ipotizzabile, in base alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza amministrativa, e secondo canoni generali, ritenere prevalenti l'esigenza di riservatezza degli escussi e negare l'ostensione qualora i soggetti dichiaranti siano ancora in forza presso l'azienda all'atto della richiesta di accesso e l'azienda stessa sia classificabile come di piccole e medie dimensioni. Tali circostanze rendono facilmente individuabili gli autori delle dichiarazioni, esponendoli conseguentemente a eventuali atti intimidatori da parte del datore di lavoro. Peraltro, la circostanza che la richiesta di accesso venga presentata dal lavoratore, anziché dal datore di lavoro, non pare che possa spostare i termini del problema atteso che non solo l'istante potrebbe essere “strumento” del datore di lavoro per conseguire atti a costui non ostensibili, ma perché è l'utilizzazione delle dichiarazioni stesse suscettibile di arrecare pregiudizio ai dipendenti in forza presso l'azienda.
Diversamente, ove i soggetti escussi non siano più in forza presso l'impresa ispezionata, ovvero tali dichiarazioni siano state rilasciate da persone comunque terze all'azienda, è possibile ipotizzare la mancanza di fattori pregiudizievoli e conseguentemente assentire alla richiesta di accesso agli atti, se del caso schermando i dati personali dei dichiaranti a garanzia della riservatezza di costoro.
Quest'ultima soluzione appare altresì praticabile qualora le dichiarazioni vengano acquisite in un'azienda di grandi dimensioni ove, in ragione anche delle mansioni svolte dai lavoratori, dal ciclo produttivo, ovvero dell'orario dell'accesso ispettivo, l'identificazione dei lavoratori dichiaranti sia oggettivamente difficile.
In queste ultime due ipotesi occorre comunque tener in considerazione quanto previsto dall'art. 6 del D.P.R. n. 184/2006 secondo cui in presenza di controinteressati, l'amministrazione ha l'obbligo di informare questi ultimi. In tal caso l'art. 5 comma II del D.P.R. n. 184/2006 dispone che “entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione i controinteressati possano presentare una motivata opposizione alla richiesta di accesso”. Decorso tale termine l'amministrazione destinataria della richiesta è tenuta a dare seguito alla stessa, adottando le determinazioni ritenute più opportune.
Punto 4)
Ciò posto passiamo ad esaminare l'ultima considerazione svolta dalla DPL che vorrebbe negato l'accesso perché gli atti sarebbe conseguibili da Tizio in corso di causa mediante richiesta di esibizione ex art. 210 c.p.c. (punto 4).
Anche
tale argomentazione non coglie nel segno, se non altro perché lo
strumento di cui all'art. 210 c.p.c. è sussidiario e non sostituisce
l'istituto dell'accesso agli atti, il quale è stato introdotto e
regolamentato dal Legislatore al fine che le questioni ad esso
sottese trovino una fisiologica soluzione sul piano sostanziale,
rispetto al quale la sede processuale costituisce una extrema
ratio.
NOTE
i Tali principi sono stati positivizzati dall’art. 10 comma 1 lett. a) della L. n. 69/09 che ha sostituito l’originario l’art. 22 comma 2 della L. n. 241/90. Attualmente quest’ultima previsione recita: “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”.
ii cfr. art. 24 Costituzione.
iii cfr. Circolare Ministero del Lavoro n. 41/10 e Circolare INPS n. 75/2011.
iv Il verbale di primo accesso quale deve contenere le informazioni di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 124/04 come novellato dall’art. 33 comma 1 della L. n. 183/10: Il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge. Alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, con l’obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente:
l’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;
la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo;
le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all’ispezione;
ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti, fermo restando quanto previsto dall’ articolo 4, settimo comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628.
v cfr. Recente Cass. civ. Sez. lavoro, 12/07/2010, n. 16319.
vi Esercitabile anche in “pendenza del procedimento amministrativo cui si riferiscono gli atti richiesti in visione, […] (cfr. TAR Lazio Roma Sez. III ter. n. 3095/11).
vii cfr. Cons. St. n. 902/11.
viii “Diretto”, ossia attinente o connesso con la documentazione richiesta e con le ragioni poste a fondamento dell’istanza.
“Concreto”, nel senso che abbia una portata tangibile e consistenza tale da consentire una effettiva e seria realizzazione della situazione soggettiva del richiedente.
Per quanto concerne, invece, il requisito dell’“attualità”, ciò significa che la richiesta di accesso non deve necessariamente coincidere con l’interesse ad agire in giudizio, avendo, rispetto a quest’ultimo, una connotazione autonoma e più ampia.
ix Tali atti, infatti, attengono più propriamente alla sfera giuridica del datore di lavoro.
x cfr. Cons. St. n. 555/06 e recentemente Cons. St. 922/11.
xi cfr. definizione di controinteressati così come indicata nell'art. 22 L. n. 241: "tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza".
xii Mediante invio di copia tramite raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica, sempre che abbiano consentito tale forma di comunicazione, nella presentazione della richiesta di accesso.
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