L’autore dell’articolo, partendo dalla sentenza di Cassazione n. 8487 dell’8 aprile 2009, offre un’analisi sul tema dell’evasione fiscale e dell’abuso di diritto e chiede che il Legislatore metta mano al più presto sulla disciplina. Nella sentenza la Corte fa notare che “l’elemento della fraudolenza non figura nella descrizione della figura dell’elusione fiscale. Per aggirare un obbligo o un divieto è sufficiente l’uso improprio delle norme. Basta anche la realizzazione di un singolo atto inteso soltanto ad ottenere un risparmio fiscale perché operi la citata disposizione antielusiva”. I giudici, nel caso di specie, hanno negato l’applicabilità dell’aliquota ridotta sulla cessione da parte di una Spa della partecipazione totalitaria in un’altra società di diritto inglese a favore della sua capogruppo e unico socio. La motivazione è stata che la cessione che aveva generato la plusvalenza era priva di valide ragioni economiche visto che la società non si era attivata per la quotazione in borsa che aveva prospettato, dunque sulla base del falso progetto. L’autore afferma in merito che si è messa in atto una interpretazione distorsiva dell’articolo 37-bis del Dpr 600/73 e che dovrebbero essere tenuti più in considerazione i principi contenuti nello Statuto del contribuente.
Ancora una sentenza di Cassazione in tema, la 11659 del 20 maggio scorso, è presa in considerazione sul settimanale ItaliaOggi7. Nella sentenza si stabilisce che se il Fisco adduce presunzioni fondate su fatti obiettivi sono indeducibili le minusvalenze da realizzo di partecipazione. Dunque, la Corte ha interpretato estensivamente l’articolo 39 del Dpr 600/73.
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