Sì all'appello in caso di vizio di mente
Pubblicato il 30 ottobre 2009
Con sentenza n. 274 del 29 ottobre 2009, la Corte costituzionale ha accolto la questione di legittimità costituzionale promossa dalla Corte di appello di Napoli con riferimento all'art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento) per violazione degli articoli 3, 24, secondo comma della Costituzione.
Secondo la Consulta, l'articolo in esame è incostituzionale in quanto viola il principio di uguaglianza ed il diritto di difesa dell'imputato nella parte in cui, nel caso di giudizio abbreviato, esclude a quest'ultimo la possibilità di proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità derivante da totale vizio di mente.
Anche dalle pronunce di assoluzione, continua la Corte, “possono conseguire, altresì, rilevantissimi pregiudizi di ordine giuridico, segnatamente allorché, a seguito dell'accertata pericolosità sociale dell'imputato, venga applicata – o possa essere applicata con provvedimento successivo (art. 205, secondo comma, cod. pen.) – una misura di sicurezza, consistente, in specie, nel ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222 cod. pen.) ovvero – per effetto della sentenza n. 253 del 2003 di questa Corte – nella diversa misura, prevista dalla legge, che il giudice individui come idonea ad assicurare adeguate cure all'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”.