L’opzione per la rivalutazione degli immobili – consentita dal Dl 185/2008 per aggiornarne i valori - rappresenta una briga per i bilanci 2008. L’incertezza nella scelta rende decisiva la presenza di riserve finanziarie. Le ipotesi sono:
nessuna rivalutazione: al di là che non implica scritture contabili, versamenti d’imposta, future gestioni di “doppi binari” civilistici e fiscali, esclude l’opportunità di riordinare il patrimonio aziendale, con effetti sui coefficienti impiegati in sede di analisi per l’erogazione del credito. Una scelta, a questo punto, riservata ad aziende con un patrimonio immobiliare recente o aziende che godono di ottima patrimonializzazione e non desiderano aumentare le pratiche di gestione;
rivalutazione civilistica: pur avendo il pregio della gratuità, fa perdere i benefici fiscali futuri, potendo calzare a quanti, non avendo riserve finanziarie per il pagamento della sostitutiva, intendano creare una posta patrimoniale solo per realizzare la copertura delle perdite e siano fortemente incerti sulla generazione di utili futuri;
rivalutazione civilistica e fiscale: gode – specialmente in previsione di dismissioni - di sempre crescente appeal tra le aziende, date le aliquote ridotte - 3 ed 1,5 per cento – che il Decreto legge 5 del 2009 propone. Il favore verso questa opportunità deriva dai possibili vantaggi fiscali che inducono i maggiori ammortamenti deducibili dal 2013 e dalla minore plusvalenza fiscalmente rilevante in ipotesi di cessione, a partire dall’anno successivo. La gestione è, tuttavia, complessa negli anni da quello in corso al 2012, quando è presumibile la gestione di un doppio binario e la conseguente corresponsione di un credito per imposte differite attive. E’ scelta rischiosa fintantoché sì, basterebbero tra i tre e i quattro anni di ammortamento per recuperare il pagamento dell’imposta sostitutiva, ma nessuno può oggi scommettere sulla presenza di utili fiscali tanto lontani nel tempo. Trattengono il ricorso a questa terza opzione anche il rilievo dei maggiori valori agli effetti delle regole sulle società non operative (benché dal 2013) e la penalizzazione derivante da un’eventuale distribuzione della riserva;
infine, la scelta preferibile da quanti intendano giungere alla distribuzione delle somme prodotte attraverso la vendita degli immobili è senz’altro quella dello sblocco della riserva. E’ onerosa (aliquota al 10 per cento), ma nessuna variazione in aumento è necessaria e unica implicazione fiscale sarà la tassazione in capo al percipiente delle somme ricevute.
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