Meno automatismi sulle “frodi carosello”
Pubblicato il 19 marzo 2009
I giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza n.
6124/09, hanno ripreso il discorso della detrazione Iva in relazione ad acquisti di beni ceduti da soggetti coinvolti in “frodi carosello”. La frode carosello si determina quando vengono poste in essere vendite circolari tra più soggetti, in cui uno o più autori della catena, pur emettendo fattura di vendita, non versano l’Iva mentre gli acquirenti della catena la detraggono. La truffa è all’Iva ma, allo stesso tempo, si genera una concorrenza sleale sul mercato dato che, in questo modo, è possibile abbassare il prezzo di vendita dei beni. A tal proposito, sorgono due dubbi: quando l’acquirente che detrae l’Iva si può considerare responsabile della frode e quali conseguenze ne possono derivare. Sono possibili due soluzioni. Si può incorrere nel caso della responsabilità solidale del cessionario al pagamento dell’Iva dovuta dal cedente oppure si può negare la detrazione. Per la solidarietà è necessario che l’operazione sia stata effettuata dopo la pubblicazione del Dm 22 dicembre 2005, che riguardi i beni indicati nel Dm e che la stessa sia avvenuta a un prezzo inferiore a quello di mercato. In mancanza di questi requisiti varrà la sanzione connessa con la seconda ipotesi, cioè, con il diniego della detrazione. Dal momento che entrambe le conseguenze appaiono particolarmente pesanti per l’impresa, è fondamentale capire quando l’acquirente è responsabile di frode. I giudici di legittimità, con la sentenza in oggetto, hanno stabilito quando si debba ritenere indetraibili l’Iva addebitata dal fornitore. Si precisa che non basta che il fornitore ometta di versare l’Iva, ma è necessario che, alternativamente, o l’operazione di acquisto sia inesistente oppure vi sia un accordo simulato tra fornitore e cliente. L’ipotesi di accordo simulato richiama il principio secondo cui, nel nostro ordinamento, è vietato porre in essere condotte che integrino abuso di diritto, “che rende irrilevante nei confronti del Fisco le operazioni elusive in quanto il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustificano l’operazione”. Riguardo al caso oggetto della sentenza, non essendoci identità tra merce venduta e merce riacquistata e dato che il prezzo pattuito è in linea con quello di mercato è stata esclusa la responsabilità dell’acquirente e allo stesso è stato concesso il diritto a detrarre l’Iva.