È mattina presto e non c’è traffico, la città sembra lenta e indolente come accade spesso quando le festività cadono in mezzo alla settimana. Per Cosetta il discorso cambia: si sente suo malgrado molto simile alla bambina sfruttata dai perfidi locandieri Thénardier nel capolavoro di Victor Hugo (I Miserabili, 1862).
E così, mentre in auto si reca a lavorare nella tavola calda a ridosso della frequentatissima zona turistica, riflette mentre canticchia la proposta radiofonica del giorno dedicata al Vasco nazionale: “Liberi liberi siamo noi, però liberi da che cosa, chissà cos’è?”. “Eh già – rimugina tra sé e sé la giovane ragazza – da che cosa posso dichiararmi affrancata?”.
Così, al termine della stancante giornata ‘festiva’, trova il coraggio di inviare una dettagliata mail all’Ispettorato del Lavoro in cui racconta i ritmi massacranti a cui deve sottostare, la mancanza di riposi e il lavoro che considera tutti uguali i 365 giorni all’anno. Non ci sono pause, non ci sono feste, non c’è tempo libero né possibilità di recuperare le energie psico-fisiche.
“La normativa è complessa e non tutto è esplicitato chiaramente (D.lgs. n. 66/2003 e Direttiva n. 2003/88/CE; L. n. 370/1934; L. n. 260/49)– esordisce l’ispettore che nei giorni successivi ha convocato Cosetta in ufficio – Di sicuro non è possibile lavorare tutte le domeniche e tutti i giorni festivi, andremo fino in fondo. Adotteremo un provvedimento di disposizione (artt. 10 e 31 d.P.R. n. 520/55 e art. 14 D.lgs. n. 124/04) nei confronti del suo titolare volto a ripristinare una situazione corretta; se non dovesse ottemperare a tale ordine, a nostro avviso si configura un illecito penale, in quanto la disciplina sul lavoro domenicale e festivo riguarda la tutela del bene della salute e della sicurezza della persona”.
Cosetta torna a casa, chissà forse questa volta qualcosa cambierà davvero, intanto ha finalmente un po’ di tempo per leggere un bel libro sotto le coperte. Un passo però la scuote e la rispedisce in una profonda malinconia: “Tu vendi il tuo tempo, le tue giornate, per cui lo stipendio che ti danno è una sorta di ricompensa perché ti hanno rubato qualcosa” (La fine è il mio inizio, di Tiziano Terzani – Longanesi 2006).
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