Esami trasparenti. Diritto di accesso a risposte ed annotazioni

Pubblicato il 21 dicembre 2017

Le risposte scritte ad un esame professionale e le eventuali annotazioni dell’esaminatore relative a tali risposte, costituiscono dati personali, a cui il candidato medesimo ha dunque diritto di accesso ed, entro certi limiti, di rettifica.

A chiarirlo, la Corte di Giustizia Europea, Seconda sezione, chiamata a pronunciarsi, in via pregiudiziale, circa l’interpretazione della direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche, con riguardo al trattamento dei dati personali. La questione era stata sollevata dalla Corte Suprema Irlandese, in occasione del ricorso presentato da un cittadino, che aveva sostenuto, e non superato, l’esame di abilitazione professionale come esperto contabile. Il candidato aveva dunque richiesto l’esibizione dei documenti alla relativa organizzazione professionale; istanza tuttavia respinta, sull’assunto per cui l’elaborato d’esame non contenesse dati personali. Da qui il ricorso del candidato, giunto innanzi alla Corte di Giustizia.

Risposte scritte ed annotazioni dell’esaminatore. Sono dati personali del candidato

Precisano innanzitutto i Giudici europei, che le risposte scritte fornite da un candidato ad un esame professionale, costituiscono senz’altro informazioni concernenti tale candidato (dunque dati personali) in ragione del loro contenuto, della loro finalità e del loro effetto. E questo vale, peraltro, anche quando si tratti - come nella specie - di un esame con libera consultazione di materiale.

Sono parimenti informazioni relative al candidato, le annotazione di correzione alle risposte, poiché il contenuto riflette l’opinione o la valutazione dell’esaminatore sulle prestazioni individuali dell’esaminando durante il concorso, ed in particolare sulle sue conoscenze e competenze nel settore di cui trattasi.

Non potendosi dunque negare la qualificazione di “dati personali” alle informazioni concernenti il candidato – contenute per l’appunto nelle sue risposte ad un esame professionale, nonché nelle annotazioni di correzione – le stesse non possono essere sottratte al rispetto dei principi in materia di tutela dei dati personali e, segnatamente, quelli relativi alla qualità di tali dati, alla legittimità del loro trattamento, nonché dei diritti di accesso, di rettifica, di opposizione della persona interessata e di controllo (ai densi della sopra menzionata direttiva 96/46).

Diritto alla cancellazione, divieto di trasmissione a terzi

Inoltre, ai sensi della medesima direttiva, il candidato ha diritto a richiedere al responsabile del trattamento, che le sue risposte all’esame e le annotazioni dell’esaminatore, trascorso un certo periodo di tempo, siano cancellate, ovvero distrutte. Difatti i dati personali possono, in linea di principio, essere conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati.

Il candidato, altresì, può legittimamente opporsi a che le sue risposte (e relative annotazioni) siano trattate al di fuori del procedimento di concorso e, segnatamente, a che siano trasmesse a terzi o pubblicate senza il suo consenso. Contestualmente, l’ente che organizza l’esame, in qualità di responsabile del trattamento dei dati, è tenuto a garantire che tali risposte e annotazioni siano conservate in modo da evitare che terzi vi abbiano accesso in modo illecito.

Domande d’esame non sono dati personali: niente diritto d’accesso

Deve infine constatarsi – si legge nella sentenza del 20 dicembre 2017, C 434/16 – che i diritti di accesso e di rettifica di cui alla direttiva 95/46, non si estendono alle domande poste in sede di esame, le quali non costituiscono, in quanto tali, dati personali del candidato.

 

 

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