Confindustria su Ddl concorrenza. Class action “punitiva” per le imprese

Pubblicato il 27 luglio 2017

Confindustria, nel corso dell’audizione tenutasi al Senato il 26 luglio 2017, presso le Commissioni riunite Giustizia Industria e commercio, ha espresso parere estremamente negativo e di forte preoccupazione in ordine alle disposizioni in materia di azione di classe di cui al Ddl concorrenza, approvato dalla Camera il 29 giugno 2017 ed ora di nuovo all’esame del Senato.

Se venissero approvate le nuove regole in discussione in Parlamento, la class action non sarebbe più un “fisiologico e potenzialmente virtuoso strumento di aggregazione processuale” – ha dichiarato il Direttore Affari legali di Confindustria Antonio Matonti – ma si trasformerebbe in una sorta di “impianto punitivo per le aziende”, peraltro incompatibile con la nostra tradizione giuridica. Ecco perché - si legge nell'audizione -  si auspica che “il Senato conduca un’approfondita riflessione” per ovviare alle numerose criticità riscontrate. Tra di esse, si segnalano:

1) l'eccessivo ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto

E' noto infatti che nel Pdl in questione, i destinatari della tutela collettiva non sono più solo i consumatori e gli utenti, ma anche altri soggetti, tra cui le imprese, la Pubbliche Amministrazioni e le associazioni di categoria. Ebbene, Confindustria ritiene la class action debba rimanere prerogativa del mondo consumeristico - non rimedio generale di tutela dei diritti individuali – in quanto è in tale ambito che sussistono le effettive esigenze di aggregazione processuale;

2) la possibilità di adesione anche dopo la sentenza di accoglimento

Consentire l’adesione dei singoli danneggiati dopo la sentenza di accoglimento determina, da un lato, la violazione del principio della parità delle posizioni processuali, in quanto azzera di fatto il rischio di soccombenza di coloro che sceglieranno di aderire solo dopo la pronuncia (favorevole); dall'altro, lede il diritto al contraddittorio, poiché l’impresa convenuta avrebbe contezza del numero dei soggetti che vantano un pretesa risarcitoria nei suoi confronti solo dopo la conclusione della causa;

3) gli incentivi alla proliferazione dei contenziosi

L'obbligo dell’impresa condannata, di pagare un compenso di natura premiale al rappresentante comune della classe, all'avvocato dell’attore o degli attori delle cause riunite risultati vittoriosi, rappresenta un onere economico del tutto ingiustificato, che connota la class action con caratteri punitivi nei confronti delle imprese e che finisce per incentivare, in modo distorto, la litigiosità e l’utilizzo delle azioni di classe (con pesanti ricadute sul sistema giudiziario).

 

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