Anche se privo di partita Iva, il lavoratore autonomo ha comunque diritto di richiedere il pagamento per l’opera svolta: le eventuali violazioni di carattere tributario, infatti, non incidono sugli aspetti civilistici.
Così la Cassazione con ordinanza n. 8450 del 24 marzo 2023, pronunciata a conferma della decisione con cui la Corte d'appello aveva accolto la domanda di un meccanico, volta ad ottenere il pagamento del compenso lui spettante per una serie di riparazioni eseguite sulle auto di proprietà di un cliente nonché a titolo di rimborso di quanto anticipato per il costo dei ricambi.
La Corte territoriale non si era espressa, ritenendola ininfluente, sull'eccezione di nullità della prestazione avvenuta in nero, per come avanzata dalla controparte.
Per gli Ermellini, tuttavia, la relativa motivazione consentiva comunque di cogliere l'iter decisionale.
Nel caso di lavoratore autonomo - si legge nella decisione - ciò che rileva al fine del riconoscimento del corrispettivo per il lavoro prestato, è la conclusione del contratto di lavoro autonomo, anche nella forma tacita.
La nullità ex art. 2231 c.c., invero, si ha solo laddove la prestazione espletata rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad abilitazione.
Fuori da queste attività, vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione.
Nella specie, trattandosi di opera artigiana, non vi era alcuna norma di legge che subordinasse il diritto al compenso all'iscrizione in albi.
Di conseguenza, il lavoratore autonomo aveva diritto di richiedere il pagamento per l’opera svolta, anche se risultava privo di partita Iva.
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