Il giudice di appello, investito da un’impugnazione del pubblico ministero contro la sentenza di assoluzione di primo grado con cui si lamenti una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, a rinnovare l'istruzione dibattimentale; questo, attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di prime cure.
Il diritto dell'imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico, non può che trovare paritetico e corrispettivo corollario nel diritto della parte pubblica al riesame dei testi d'accusa e all'acquisizione e alla verifica di elementi di prova sopravvenuti suscettibili di incidere sulla valutazione della prova dichiarativa svalutata nella sentenza di primo grado.
Sono questi i rilevanti principi fissati dalle Sezioni Unite penali della Cassazione con la sentenza n. 27620/2016, richiamata dalla Sesta sezione civile nell’ordinanza n. 39077 del 28 agosto 2018.
In quest’ultima decisione, gli Ermellini hanno anche ricordato come l’interpretazione richiamata abbia trovato consacrazione con la recente riforma penale, nel novellato comma 3 bis dell'articolo 603 Codice di procedura penale, introdotto dalla Legge n. 103/2017, ai sensi del quale, in caso di appello del Pubblico Ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
Nel caso specificamente sottoposto al suo esame, la Suprema corte ha riconosciuto come quest’ultima disposizione non fosse direttamente applicabile ratione temporis, sottolineando, nondimeno, come la stessa costituisca “il precipitato normativo di principi giurisprudenziali ampiamente cristallizzati”.
Da questi – viene evidenziato - si traggono univoche indicazioni in ordine alle coordinate che debbono presidiare la rinnovazione dibattimentale in caso di impugnazione che miri al ribaltamento di un pregresso esito assolutorio.
Gli Ermellini hanno poi aggiunto, in punto di stretto diritto, che “la necessità di rinnovazione viene affermata dalla giurisprudenza di legittimità anche quando la possibilità di reformatio in pejus concerna la riqualificazione del fatto in un reato più grave di quello ritenuto dal primo giudice laddove la riforma invocata si fondi su una diversa interpretazione delle prove dichiarative”.
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