È possibile impiegare lavoratori autonomi occasionali per lavori edili?

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Tizio, proprietario di casa, affida l’esecuzione di lavori di manutenzione di piccola entità al proprio amico Caio conosciuto in zona come bravo muratore, ma che nella vita svolge tutt’altra attività di lavoro. Caio avverte Tizio che alla fine dell’opera richiesta procederà a emettere notula con ritenuta di acconto. Nel corso dei lavori sopraggiungono in loco gli ispettori della DTL, i quali valutano se considerare o meno Caio un lavoratore in nero ed eventualmente applicare la maxisanzione nei confronti di Tizio. Come possono valutare la situazione gli ispettori?




Premessa

La profonda crisi economica che sta colpendo il paese potrebbe indurre coloro che intendono eseguire attività edili su immobili o fabbricati a ricorrere a metodologie di lavoro low cost, in cui l’acquisto dei materiali viene effettuato in proprio dal committente, mentre le lavorazioni vengono affidate a imprese artigiane o lavoratori autonomi. In tali circostanze il nodo centrale è quello di coniugare il risparmio economico con il rispetto dei parametri minimi della sicurezza, anche sotto il versante del corretto impiego delle maestranze impiegate. La questione diventa particolarmente delicata laddove il committente decida di affidare le opere edili in favore di lavoratori autonomi, anche occasionali. In tali ipotesi la normativa appare lacunosa o quantomeno di difficile lettura e la parassi amministrativa intervenuta sul punto non sempre riesce a fornire indirizzi coerenti. La tematica è complessa pertanto si cercherà di coniugare chiarezza e sinteticità, con la consapevolezza che le idee espresse non hanno una pretesa di certezza.


Cantiere edile e lavori in economia


Preliminarmente pare opportuno definire gli ambiti in cui vengano eseguiti i lavori. A tale fine l’art. 89 comma 1 lett. a) del T.U. n. 81/08 e s.m.i. definisce il cantiere come “qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell’allegato X”. Tale allegato enumera le complessive attività che caratterizzano le opere edili e tra le stesse è compresa anche l’attività di manutenzione. L’art. 3 del T.U. n. 380/01 distingue e definisce l’attività di manutenzione in ordinaria e straordinaria e l’art. 31 del D.L. n. 69/13, conv. in L. n. 98/13 (c.d. Decreto del fare), qualifica i lavori in economia “i lavori privati di manutenzione in edilizia” eseguiti dal committente, “senza ricorso a imprese” e quindi mediante l’ausilio di lavoratori autonomi.

Il lavoratore autonomo e il lavoratore autonomo occasionale


Sul piano soggettivo il committente può effettuare le opere di cantiere mediante il ricorso a imprese e/o lavoratori autonomi ex art. 2222 c.c., atteso il richiamo a tale figura operata dall’art. 3 comma 11 del T.U. n. 81 cit.. La scelta in favore dei lavoratori autonomi ex art. 2222 c.c. può dipendere dall’esigua entità delle opere o dal fatto che le stesse si intendano realizzare in economia.

  1. Tratti comuni e tratti distintivi

Va precisato che nello schema di cui all’art. 2222 c.c. confluiscono sia il lavoratore autonomo strettamente inteso, sia il lavoratore autonomo occasionale.

Le due figure tuttavia non sono sovrapponibili.

Infatti in entrambe le ipotesi il prestatore, dietro corrispettivo, si obbliga a espletare un’opera o un servizio per il committente in via prevalentemente personale e senza alcun vincolo di subordinazione. L’incarico professionale, riconducibile al modello della locatio operis, si caratterizza pertanto per la rilevanza che assume la personalità della prestazione resa dall’esecutore.

Il tratto distintivo invece è dato dalla professionalità, non richiesta al prestatore occasionale, ma al lavoratore autonomo, come d’altra parte confermato dall’art. 89 comma 1 lett. d) del T.U. n. 81 cit. che nel definire tale lavoratore pone l’accento sull’”attività professionale” svolta da costui.

  1. Un’esegesi restrittiva dell’art. 3 comma 11 del T.U. n. 81 cit.

Proprio la definizione sopra citata potrebbe indurre a ritenere che il riferimento ai lavoratori autonomi ex art. 2222 c.c. operato dall’art. 3 comma 11 del T.U. 81 cit. sia limitato a coloro che svolgono professionalmente l’attività richiesta.

Tale osservazione tuttavia sconta l’ineludibile rilievo per cui l’esclusione dei lavoratori autonomi occasionali dal campo di applicazione del T.U. n. 81 cit. dovrebbe basarsi su un’espressa disposizione normativa, non potendo tale circostanza desumersi da una norma definitoria come quella dell’art. 89 comma 1 lett. d) del T.U. n. 81 cit.. Sul piano logico potrebbe altresì osservarsi che l’art. 3 comma 8 contempla l’applicazione delle norme del T.U. n. 81 cit. nei confronti dei prestatori di cui all’art. 70 D.lgs. n. 276 cit. (c.d. voucheristi), “[…] con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili”. Sicché se tali lavoratori rientrano nel campo di applicazione del T.U. n. 81 cit., ciò comporta a fortiori che anche i lavoratori autonomi occasionali possano ritenersi affidatari di lavori oggetto delle garanzie di sicurezza del medesimo T.U.

  1. Il concetto di professionalità

  • La professionalità è intesa in giurisprudenza come svolgimento abituale, sistematico e continuativo dell’attività imprenditoriale.

  • Da un punto di vista previdenziale il Legislatore, per distinguere la professionalità dall’occasionalità, sembra avere optato per un criterio prettamente economico, basato sul superamento o meno della somma di 5.000,00 euro come compenso percepito dal lavoratore per l’attività svolta. Segnatamente l’art. 44, c. 2 del D.L. 269/03, conv. in L. 326/03, ha disposto l’iscrizione alla Gestione Separata, a decorrere dal primo gennaio 2004, dei lavoratori autonomi occasionali, ma solo per redditi fiscalmente imponibili superiori a €. 5.000,00 nell’anno solare, considerando la somma dei compensi corrisposti da tutti i committenti occasionali.

  • In maniera pressoché corrispondente l’art. 61 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit. definisce prestazioni occasionali “[…] i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare […], salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual caso trovano applicazione le disposizioni [relative al contratto a progetto]”.

  • Sul portato applicativo della norma l’INPS e l’INAIL hanno rispettivamente emanato circolari di contenuto analogo. L’INPS con circolare n. 9 del 2004 ha stabilito testualmente che “[…] superati detti limiti, tornano a trovare applicazione le disposizioni contenute nell’intero capo” riferito alle collaborazioni c.d. a progetto, con la logica conseguenza che non sussistendo alcun progetto troverà applicazione il regime sanzionatorio previsto dall’art. 69, comma 1, del D.lgs. n. 276 cit. Anche l’INAL, con circolare n. 22 del 2004, ha previsto che “[…] nell’ipotesi in cui i limiti di 30 giorni e di 5.000 euro, riferiti a ciascun committente, vengano superati, dovrà essere applicata la disciplina prevista in materia di lavoro a progetto”.

  • La scelta di assegnare all’entità dei compensi percepiti dal lavoratore il compito di distinguere la professionalità dall’occasionalità risponde più che altro a esigenze semplificative in una materia dai contenuti fluidi e non definibili astrattamente. Tant’è che lo stesso Ministero del Lavoro si dissocia dalle posizioni degli enti previdenziali giacché, con circolare n. 1 del 2004, ha precisato che “la disciplina del progetto non ha abrogato le disposizioni di cui all’art. 2222 e seg. del Codice Civile, per cui, anche qualora una prestazione lavorativa dovesse superare uno dei suddetti limiti, non necessariamente questo configurerebbe una collaborazione coordinata e continuativa a progetto o a programma, poiché si potrebbe essere semplicemente in presenza di uno o più contratti d’opera resi al committente”.

  • Secondo gli scriventi appare più aderente con il principio di effettività, che permea l’intera materia lavoristica, ritenere che la linea di separazione delle due figure sia data delle modalità oggettive e soggettive mediante le quali l’attività viene espletata dal lavoratore. In tal senso il carattere occasionale dell’attività emergerebbe dall’assenza nel lavoratore di una qualificazione specializzante, che invece contrassegna la professionalità. Così se l’attività viene esercitata per puro diletto o gradevolezza o per hobby, anche se svolta in maniera abituale o continuativa e persino se remunerata con compensi superiori a €. 5.000,00, non si trasforma per ciò solo in attività professionale, allorché sia assente quell’attribuzione qualificante che informa la vita lavorativa del prestatore d’opera e che al tempo stesso ne caratterizza significativamente l’attività.

  • L’accertamento sull’esistenza o meno della professionalità nel lavoratore autonomo è di primaria importanza, perché solo a costui, e non all’autonomo occasionale, è richiesta l’osservanza di adempimenti fiscali propedeutici all’esercizio dell’attività. Se è vero infatti che sul piano amministrativo entrambe le figure non debbano essere preventivamente comunicate al Servizio per l’Impiego, né essere iscritte nel LUL, è altresì vero che solo il lavoratore autonomo deve risultare iscritto alla Camera di Commercio. Il lavoratore occasionale invece non deve iscriversi alla Camera di Commercio, né conseguentemente deve essere titolare di partita IVA; le prestazioni eseguite da costui vengono remunerate solo mediante emissione di notula con ritenuta d’acconto.

Chiariti i tratti affini e divergenti delle predette figure e che le prestazioni da questi svolte sono comunque sussumibili nell’art. 2222 c.c., si evidenzia che laddove il committente decida di affidare le opere edili a un siffatto lavoratore autonomo, l’art. 3 comma 11 del T.U. n. 81 cit. dispone che nei confronti di costui “[…] si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26”.

Occorre esaminare le due norme per poi passare infine alla previsione di cui all’art. 90 del T.U. 81 cit., la cui analisi è stata già affrontata in precedente contributo, al quale si rinvia per ogni chiarimento.

Le misure di sicurezza previste dall’art. 21 T.U. n. 81 cit.

L’art. 21 comma 1 del T.U. n. 81 cit. contempla tre tipologie di obblighi cui sono tenuti, tra gli altri, i lavoratori autonomi:

  1. utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;

  2. munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;

  3. munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, sempre che effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

Non sussiste invece per tale categoria di lavoratori l’obbligo di sottoporsi a giudizio di idoneità medica, né l’obbligo di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, atteso che, ai sensi dello stesso art. 21 comma 2 del T.U. n. 81 cit., tali incombenze costituiscono per i lavoratori de quibus una mera facoltà. I lavoratori autonomi non sono altresì obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, giusta in tal senso la risposta fornita dal Ministero del Lavoro al quesito del 14/09/2012.

Tra gli obblighi sopra detti assume particolare valenza quello di cui alla lett. a), che concerne l’osservanza da parte del lavoratore autonomo del titolo III del T.U. n. 81 cit. rubricato “uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale”. Il titolo de quo si suddivide in tre capi:

  • Capo I, che contiene norme (dall’art. 69 all’art. 73) che prescrivono la necessaria conformità delle attrezzature ai parametri tecnici imposti ex lege.

  • Capo II ove sono racchiuse disposizioni (dall’art. 74 all’art. 79) che prescrivono l’obbligo di garantire che i lavoratori utilizzino idonei dispositivi di protezione individuali.

  • Capo III (dall’art. 80 all’art. 89) concernente le misure necessarie che il committente/datore di lavoro deve assumere affinché i lavoratori siano salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione.


Gli obblighi stabiliti dall’art. 26 del T.U. n. 81 cit.

Per quanto riguarda l’art. 26 del T.U. n. 81 cit., tale norma sancisce gli obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione.

Sebbene l’art. 1 comma 1 riferisca tali obblighi al “datore di lavoro” deve ritenersi che quest’ultima espressione non debba essere letta in senso restrittivo, ma in funzione di garanzia, così che il portato applicativo possa comprendere anche il soggetto titolare delle opere, ivi compreso pertanto il committente. Una diversa interpretazione risulterebbe irragionevole, sol che si consideri che tra i soggetti destinatari delle verifiche di cui all’art. 26 del T.U. n. 81 cit. figurano i lavoratori autonomi e questi ontologicamente non espletano la propria attività per un datore di lavoro.

  1. Il possesso dell’idoneità tecnico-professionale e l’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio

Gli obblighi previsti dall’art. 26 del T.U. 81 cit. si concentrano anzitutto nella verifica, da parte del committente, dell’avvenuta iscrizione del lavoratore autonomo alla Camera di Commercio e dell’idoneità tecnico-professionale di costui, quest’ultima definita dall’art. 89 comma 1 lett. l) come “il possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento ai lavori da realizzare”. Il Ministero del Lavoro con risposta a quesito del 13/07/2009 ha chiarito che la verifica dell’idoneità tecnico-professionale resta assorbita dall’acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio o dell’autocertificazione resa ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. n. 445/00 che attesti il possesso di tale idoneità.

Per fugare ogni dubbio si ritiene che la norma de qua vada applicata ai lavoratori autonomi, ma non a quelli occasionali, perché questi ultimi non risultano iscritti alla Camera di Commercio e non dispongono di forza lavoro.

  1. L’obbligo di informazione e di protezione dell’ambiente di lavoro

Il soggetto che affida i lavori è tenuto altresì a fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro, nonché a cooperare per l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro svolgendo anche un’attività di coordinamento per l’esecuzione degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui risultano esposti i lavoratori. Si tratta di un obbligo volto a cautelare le attività organizzate, indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata dei lavoratori impegnati nell’esecuzione delle opere. In tal senso la figura del datore di lavoro, come soggetto garante dei rischi correlati alle lavorazioni, viene modellata su una pluralità di schemi di lavoro, in linea con la recente proliferazione degli strumenti contrattuali che vengano utilizzati nel mercato del lavoro.

L’art. 9 del d.P.R. n. 1124/65

Tale assetto normativo va raccordato con la previsione dell’art. 9 comma 4 seconda alinea del d.P.R. 1124/65 che, per fictio iuris, ai fini dell’adempimento dell’obbligo assicurativo nei confronti dell’INAIL, equipara al datore di lavoro colui che direttamente e per proprio conto adibisca persone per lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione di opere edili e simili.

  • Se la norma non venisse contestualizzata nel mutato quadro normativo e venisse letta in maniera asistematica si dovrebbe ritenere che il committente, allorché impieghi lavoratori autonomi per l’esecuzione delle opere di cui all’art. 9 comma 4 secondo aliena, dovrebbe assicurare siffatti lavoratori all’INAIL. In altre parole il committente, in quanto equiparato al datore di lavoro, dovrebbe istituire il LUL e inoltrare eventuali DNA o modelli UNILAV alle istituzioni competenti.

  • A giudizio degli scriventi una tale esegesi contrasta con le previsioni di cui all’art. 3 comma 11 del T.U. n. 81 cit. che attribuisce autonoma rilevanza al lavoratore autonomo ex art. 2222 c.c. e non considera che l’affidamento dei lavori a tali lavoratori non richiede quelle preliminari incombenze amministrative che invece sono richieste per l’occupazione dei lavoratori subordinati.

  • Pare piuttosto preferibile ritenere che gli obblighi di cui all’art. 26 del T.U. n. 81 cit. superino la ristrettezza della definizione dell’obbligo di cui all’art. 9 comma 4 del d.P.R. n. 1124 cit. al punto che quest’ultimo assume una connotazione più estesa, nel senso che l’attività richiesta al committente consisterebbe nell’inoltrare all’INAIL la denuncia dei lavori e di predisporre idonee misure organizzative volte a proteggere la salute e la sicurezza di chiunque acceda agli impianti e operi nel cantiere.

  • Tale interpretazione sembrerebbe ricavarsi anche dai recenti arresti giurisprudenziali, i quali hanno rilevato che nel settore degli infortuni sul lavoro “[…] è mutato il quadro giuridico normativo concernente il committente, la cui figura ed i cui obblighi hanno trovato espressa definizione ed esplicitazione. Il committente, o responsabile dei lavori, risponde per la violazione di alcuni obblighi specifici, quali l’informazione sui rischi dell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di protezione e prevenzione, fermo restando la responsabilità dell’appaltatore per l’inosservanza degli obblighi di prevenzione sullo stesso gravanti”. Tuttavia secondo la S.C. “ai fini dell’accertamento della responsabilità del committente occorre verificare in concreto l’incidenza della sua condotta nel verificarsi dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto, nonché all’agevole ed immediata percepibilità delle situazioni di pericolo”.

  • Premesse analoghe d’altronde erano state poste dalla S.C. a fondamento della ritenuta posizione di garanzia del committente di lavori edili in economia affidati a lavoratore autonomo privo di specifica professionalità e non iscritto ad alcun albo artigiani. In base a tale posizione di garanzia la S.C. ha affermato la responsabilità del committente per l’infortunio occorso al lavoratore autonomo occasionale, sul presupposto che la tutela unitaria del diritto alla salute imporrebbe l’utilizzo delle cautele antinfortunistiche espressamente stabilite per i lavoratori subordinati anche in favore di ogni altra tipologia di lavoro Ma ciò secondo gli scriventi non significa che il committente debba effettuare l’iscrizione del lavoratore autonomo all’INAIL, quanto semmai organizzare l’attività con modalità tale da ridurre il rischio di infortuni.

Gli obblighi di cui all’art. 90 del T.U. n. 81 cit.

Gli obblighi di cui all’art. 21 e all’art. 26 del T.U. n. 81 vengono in parte ripetuti dall’art. 90 del medesimo T.U. n. 81 cit., perché tale previsione impone al committente di verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi. In aggiunta la norma prescrive che il committente debba acquisire anche il DURC rilasciato all’affidatario. Così come esposto per l’art. 26 del T.U. n. 81 cit. l’applicazione dell’art. 90 del medesimo T.U. resta condizionata in relazione alla specifica autonomia del lavoratore nel senso che la disposizione ha valenza precettiva nei confronti del lavoratore autonomo professionale mentre non è applicabile rispetti al lavoratore autonomo occasionale.

Sintesi

Tirando le fila può affermare in sintesi le seguenti considerazioni:

  1. Se le opere vengono affidate a lavoratori autonomi professionali nulla quaestio, di tal che il committente dovrà adempiere alle previsioni di cui agli artt. 21 e 26 del T.U. n. 81 cit. e ai sensi dell’art. 90 del citato T.U. dovrà verificare preliminarmente anche possesso del DURC da parte del soggetto affidatario. Se poi si tratta di opere svolte in economia l’art. 31 del D.L. n. 69 cit., in ottica di semplificazione, ha eliminato la verifica relativa al possesso del DURC, residuando invece quella relativa all’iscrizione alla Camera di Commercio.

  2. Qualora invece l’esecuzione delle opere edili venga affidata a lavoratori autonomi occasionali, il committente, indipendentemente dalla circostanza se i lavori siano o meno qualificabili in economia, dovrà unicamente adempiere agli obblighi di cui all’art. 21 del T.U. n. 81, ma non potrà richiedere a costoro la consegna del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio e del DURC, così come previsto dagli artt. 26 e 90 del T.U. n. 81 cit. per l’evidente considerazione che tali disposizioni risultano inapplicabili nei confronti di lavoratori per i quali non è richiesta l’iscrizione alla Camera di Commercio, né il possesso del DURC. Vero è invece che il committente anche nei confronti dei lavoratori autonomi occasionali dovrà predisporre misure organizzative idonee a garantire, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 26 T.U. n. 81 cit. e art. 9 d.P.R. n. 1124 cit., la sicurezza degli ambienti di lavoro, onde consentire che la prestazione venga effettuata con la riduzioni al minimo dei rischi ambientali.

La prassi amministrativa

Sul complicato quadro normativo sopra esposto sono intervenute le circolari del Ministero del Lavoro n. 38 del 2010 e n. 16 del 2012.

  1. La circolare n. 38 del 2010 del Ministero del lavoro

La circolare n. 38 del 2010, nel fornire indicazioni in ordine all’individuazione delle fattispecie di lavoro sommerso, ha disposto, tra l’altro, che laddove “il datore di lavoro dichiari di aver attivato una prestazione di lavoro autonomo occasionale ai sensi dell’art. 2222 c.c. il personale ispettivo provvederà a irrogare la maxisanzione in assenza della documentazione utile ad una verifica circa la pretesa autonomia del rapporto (iscrizione Camera di Commercio, partita iva, produzione di valida documentazione fiscale precedente all’accertamento)”.

Considerato che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 della L. n. 183/10, la maxisanzione si applica unicamente ai lavoratori subordinati per i quali non siano state effettuate le preventive comunicazioni previste ex lege, l’indicazione ministeriale sembra dedurre la sussistenza della subordinazione non dalle modalità concrete di espletamento della prestazione, ma dall’eventuale esistenza di documentazione fiscale.

Tale deduzione assume connotati ancor più critici ove si consideri che il lavoratore autonomo occasionale non è tenuto ad alcun degli adempimenti previsti dalla circolare n. 38 cit., dovendo al più procedere al rilascio di notula con ritenuta di acconto solo al termine della prestazione eseguita.

Peraltro un’applicazione letterale dell’istruzione impartita precluderebbe di fatto ai lavoratori autonomi occasionali di poter svolgere attività edili, vanificando il dettato letterale dell’art. 3 comma 11 del T.U. n. 81 cit..

A sommesso avviso degli scriventi, pare che la circolare per quanto mossa da finalità antielusive, non risulti fondata sul principio di effettività della prestazione di lavoro, la cui applicazione porta l’unanime giurisprudenza ad affermare che “ai fini della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, l’elemento della subordinazione (ossia della sottoposizione al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro) costituisce una modalità d’essere del rapporto, desumibile da un insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate […]; nella qualificazione del rapporto il giudice non può, pertanto, prescindere dal concreto riferimento alle modalità di espletamento dello stesso e in particolare da elementi sussidiari, che egli stesso deve individuare, quali l’autonoma gestione del lavoro da parte del lavoratore, l’assoggettamento o meno a direttive programmatiche, l’accettazione del rischio derivante dal mancato espletamento dell’attività lavorativa al fine di fruire di periodi di riposo”.

  1. La circolare n. 16 del 2012 del Ministero del Lavoro

Considerazioni analoghe possono spendersi anche per la successiva circolare n. 16 del 2012 emanata dallo stesso Ministero del Lavoro per distinguere, nel settore edile, l’attività autonoma da quella svolta in forma subordinata. Anche tale circolare pare mossa da finalità antielusive e soprattutto per scoraggiare il fenomeno della frantumazione delle imprese, mediante l’apertura, da parte dei dipendenti, di autonome posizioni fiscali, consentendo così al datore di lavoro di “alleggerire” il costo del lavoro, eludendo al tempo stesso la normativa in tema di lavoro sommerso. Tali finalità pare emergere dalla premessa inziale con la quale il Ministero ha cura di precisare che le indicazioni contenute nella circolare 12 cit. non costituiscono criteri generali per distinguere il lavoratore autonomo da quello dipendente nell’ambito dell’edilizia, ma di una serie di chiarimenti che hanno lo scopo principale di orientare l’azione ispettiva.

Per quanto tali orientamenti siano politicamente condivisibili, rimane il fatto che la circolare resta pur sempre un atto interno all’amministrazione, privo di effetti vincolanti per i terzi, ai quali, per suffragare l’utilizzo dei lavoratori autonomi nel settore edile, sarebbe sufficiente richiamare la previsione di cui all’art. 3 comma 11 del T.U. n. 81 cit. nonché l’orientamento giurisprudenziale sopra esposto inerente alla distinzione tra lavoro subordinato e quello autonomo.

Considerazioni conclusive

In base alle argomentazioni sopra esposte si può concludere nel senso che il committente può affidare a lavoratori autonomi l’esecuzione di opere edili e nel caso in cui l’affidamento avvenga in favore di prestatori autonomi occasionali la normativa non prevede obblighi di verifica preliminari, che non siano quelli volti a garantire che la prestazione venga eseguita con materiale e attrezzature conformi e in un ambiente salubre e sicuro. Resta semmai per il committente il problema di confrontarsi con una prassi amministrativa alquanto stringente anche se non propriamente in linea con i principi che caratterizzano la materia del lavoro; ciò potrebbe avere eventuali ricadute sul piano del contenzioso amministrativo e giurisdizionale.

Il caso concreto

Tizio proprietario di casa ha affidato l’esecuzione di lavori di manutenzione di piccola entità al proprio amico Caio, conosciuto in zona come bravo muratore, ma che nella vita svolge tutt’altra attività di lavoro. Caio ha avvertito Tizio che alla fine dell’opera richiesta procederà a emettere notula con ritenuta di acconto. Nel corso dei lavori sono sopraggiunti in loco gli ispettori della DTL, i quali hanno valutato se considerare o meno Caio un lavoratore in nero ed eventualmente applicare la maxisanzione nei confronti di Tizio. L’applicazione letterale della circolare n. 38 del 2010 del Ministero del Lavoro porterebbe a prima vista gli ispettori ad applicare la maxisanzione; ma tale soluzione, ad avviso degli scriventi, non appare calzante. Non sembra infatti logico ritenere che Caio sia un lavoratore subordinato di Tizio. Piuttosto, e in linea con gli accordi raggiunti dalle parti, pare più pertinente ritenere che Caio sia un lavoratore autonomo occasionale, per il quale andrà valutata l’osservanza degli adempimenti di cui all’art. 21 del T.U. n. 81 cit., senza che occorra l’impossibile dimostrazione da parte di costui di essere in possesso del DURC o dell’iscrizione alla Camera di Commercio. Trattandosi poi di lavori di manutenzione, eseguiti dal committente, senza l’ausilio di impresa, gli stessi sarebbero classificabili in economia e anche se fossero stati affidati a lavoratori autonomi professionali questi ultimi non sarebbero stati comunque tenuti a conseguire il DURC, atteso in tal senso la previsione dell’art. 31 del D.L. n. 69 cit..


NOTE

i L’art. 1 comma 1 lett. a) del T.U. n. 380 cit. dispone che “si intendono per ‘interventi di manutenzione ordinaria’, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.

ii La lett. b) del citato articolo 1 del T.U. n. 380 cit. qualifica come interventi di manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonche’ per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unita’ immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”.

iii Cons. Stato Sez. IV, 23/02/2012, n. 975.

iv Cfr. Cass. civ. Sez. I, 06/06/2003, n. 9102; cfr. Cass. civ. Sez. I, 17/03/1997, n. 2321.

v Vi sono attività riconducibili ai diritti fondamentali della persona (es. attività artistiche o letterarie) che non sono comprimibili e che pertanto non possono classificarsi negli schemi dell’occasionalità. Si consideri che la libera manifestazione del pensiero, quand’anche quotidianamente esercitata in forma scritta, non è catalogabile come attività occasionale e ciò indipendentemente dal fatto che il soggetto espleti tutt’altra attività lavorativa.

vi Tale interpretazione è stata confermata dal Ministero del Lavoro con risposta a interpello n. 7 del 2013 reso in materia di salute e sicurezza.

vii In tal senso cfr. Cass. pen. Sez. III, 18/09/2013, n. 42347.

viii Cass. pen. Sez. IV, 23/05/2013, n. 36398.

ix Cass. pen. Sez. IV, 09/07/2010, n. 42465.

x Cass. civ. Sez. lavoro, 26/08/2013, n. 19568.

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