Depenalizzazioni, criticità interpretative e applicative
Pubblicato il 18 febbraio 2016
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L’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, settore penale, ha fornito una prima lettura degli interventi di depenalizzazione e di abolitio criminis introdotti con i Decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 2016, con l’intento di offrire “un rapido inquadramento delle linee portanti”, nonché di indicare “possibili problematiche interpretative”
Le indicazioni della Suprema corte sono contenute nella Relazione n. III/01//2016 datata 2 febbraio 2016.
Fattispecie aggravate come autonome
Accanto all’illustrazione degli strumenti utilizzati dal legislatore nei citati provvedimenti, l’Ufficio del Massimario si sofferma su particolari aspetti della riforma, quali, tra gli altri, le conseguenze dell’intervento sulle fattispecie aggravate dei reati depenalizzati di cui al Decreto legislativo n. 8/2016.
La scelta del legislatore delegato è stata, infatti, di mantenere la previsione di depenalizzazione relativamente alle fattispecie base punite con la sola pena pecuniaria, mentre le relative ipotesi aggravate, sanzionate con pena detentiva - sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria-, vengono a costituire nuove fattispecie autonome, in ragione del venir meno della natura penale di quella base.
In detto contesto, l’elemento circostanziale diventa elemento costitutivo del reato, con conseguenze sul piano teorico e ricadute sulle fattispecie concretamente interessate, per quel che riguarda:
- il regime di imputazione (si passa da quello stabilito dall’articolo 59 commi 1 e 2 del Codice penale a quello risultante dall’articolo 42 comma 2 del medesimo testo);
- il luogo e il tempo del reato, l’individuazione, ossia, del momento consumativo e del dies a quo, nella prescrizione;
- il regime di contestazione all’imputato, diverso da quello previsto per gli elementi costitutivi;
- la disciplina del concorso di persone nel reato.
Ripetizione illecito amministrativo
La scelta sopra indicata ha, inoltre, comportato la necessità di una disposizione di coordinamento per disciplinare le ipotesi in cui la fattispecie aggravata – punita con pena detentiva – sia fondata sulla reiterazione dell’illecito depenalizzato.
Ed infatti, l’assenza di una norma di raccordo avrebbe comportato incertezze, potendosi ragionevolmente ritenere che la fattispecie aggravata decada per effetto del venir meno dell’elemento costitutivo, rappresentato appunto dalla “recidiva” in senso tecnico penalistico.
In proposito, quindi, l’articolo 5 del Decreto n. 8/2016 dispone che “quando i reati trasformati in illeciti amministrativi ai sensi del presente decreto prevedono ipotesi aggravate fondate sulla recidiva ed escluse dalla depenalizzazione, per recidiva è da intendersi la reiterazione dell'illecito depenalizzato”.
Aspetto lessicale
Il Massimario sottolinea, sul punto, che il termine “recidiva” ivi menzionato è da intendersi in senso improprio; peraltro – viene rappresentato - una rapida ricognizione in ambiti extrapenalistici consente di evidenziare che la “perseveranza nell’illecito” non mantiene sempre la stessa denominazione, adoperandosi talvolta il lemma “recidiva”, talora invece l’espressione “reiterazione”, in modo da abbinare quest’ultima all’illecito amministrativo e quella di “recidiva” esclusivamente al reato.
Oltre a questo aspetto di profilo prettamente lessicale, vengono sottolineate altre problematiche di carattere più generale.
Norma di coordinamento sufficiente?
Il primo quesito che viene posto attiene alla sufficienza della norma di coordinamento a porre la previsione incriminatrice al riparo da possibili dubbi di costituzionalità per effetto della costruzione di un reato il cui elemento oggettivo consisterebbe, nella sostanza, in un mero illecito amministrativo, sia pure ripetuto.
Portata concettuale della recidiva
Altro interrogativo concerne invece la portata concettuale della recidiva. Ci si domanda, ossia, se per accertare, in concreto, la situazione di ripetizione della violazione amministrativa che integra la fattispecie di reato, debba farsi riferimento all’articolo 8-bis della Legge n. 689/81, che disciplina la “reiterazione” degli illeciti amministrativi.
Nella Relazione viene evidenziato come, nel silenzio legislativo, potrebbero sorgere conflitti interpretativi circa la sussistenza di una matrice unitaria ed omogenea delle violazioni, “di per sé idonea, ai sensi dell’art. 8-bis sopra citato, a determinare una reductio ad unitatem del duplice o multiplo illecito”.
Difficilmente, poi, si potrebbe ipotizzare che il giudice penale, in omaggio ad un dato meramente formale quale quello del precedente accertamento amministrativo, possa essere privato del potere/dovere di verificare l’esistenza stessa di un illecito amministrativo “reiterato”.
Ambito applicativo
Ulteriore problematica riguarda l’ambito applicativo e operativo della recidiva.
Secondo la Cassazione, sulla base di ragioni logiche e sistematiche ed in assenza di elementi contrari, si può desumere che il presupposto del nuovo reato costituito dalla reiterazione di un illecito amministrativo consista, sul piano formale, nella esistenza di un provvedimento irrevocabile che abbia accertato la prima violazione amministrativa e abbia irrogato la conseguente nuova sanzione.
I dubbi interpretativi e le incertezze applicative si intrecciano, poi, tra di loro, in quanto nel testo del Decreto n. 8/2016, mentre viene regolato in modo articolato il passaggio dall’ambito penale a quello amministrativo - con individuazione dell’autorità competente per l’irrogazione delle nuove sanzioni amministrative e disposizioni sulla trasmissione degli atti per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del decreto medesimo -, non vengono, per contro, rese indicazioni per quel che riguarda la procedimentalizzazione della situazione opposta, in cui dalla commissione del secondo illecito amministrativo derivi la competenza del giudice penale.
Rapporto con tenuità del fatto
Nel corpo dell’elaborato segue poi una riflessione sul rapporto fra l’intervento di depenalizzazione e l’istituto della particolare tenuità del fatto, anch’esso di recente introduzione.
In particolare, è stato segnalato un punto di possibile criticità per quanto attiene alla coesistenza sistemica tra il fatto ritenuto non più di interesse penale, ma pur sempre sanzionato a livello amministrativo, e quello, in via astratta più grave e quindi ritenuto ancora bisognoso della tipizzazione penale, ma in concreto non punito, ove ritenuto inoffensivo.
Di fatto, l’autore di un determinato fatto rientrante tra quelli oggetto della depenalizzazione, “se prima di tale intervento poteva beneficiare della causa di non punibilità, a seguito dell’entrata in vigore del decreto n. 8/2016 è comunque destinatario – in ragione della clausola intertemporale inserita dal legislatore delegato - di una sanzione amministrativa di carattere afflittivo”.
Quadro Normativo |
Decreto legislativo n. 8/2016 Legge n. 689/81 Artt. 42 e 59 C.p. Corte di Cassazione – Ufficio Massimario Penale – Relazione n. III/01//2016 del 2 febbraio 2016 |
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