È applicabile il cumulo giuridico al lavoro nero?

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Il personale ispettivo della DTL accerta che Gamma ha occupato in nero plurimi lavoratori e conseguentemente applica per ogni violazione riscontrata la maxisanzione. All’esito del procedimento ispettivo Gamma oppone l’ordinanza ingiunzione assumendo che le violazioni configurerebbero un’ipotesi di illecito amministrativo unitario e per l’effetto chiede l’applicazione del beneficio della continuazione di cui all’art. 8 comma 2 della L. n. 689/81. E’ fondata la richiesta di Gamma?



Premessa

La continuazione
, così come il concorso formale di illeciti, costituisce un beneficio sanzionatorio premiante, perché consente a colui che abbia commesso plurimi illeciti di fruire del trattamento del cumulo giuridico in luogo del cumulo materiale. Il trattamento mitigato viene applicato in ragione di una visione unitaria della riprovevolezza della condotta, che denota un disvalore meno intenso rispetto a colui che in maniera disarmonica lede in più occasioni i beni giuridici tutelati dalla norma. Invero, il soggetto che si rappresenta preventivamente un complesso unitario di illeciti e cede un’unica occasione alle spinte trasgressive merita un trattamento sanzionatorio mitigato rispetto a colui che organizza e compie in maniera frazionata più progetti contra legem. Si tratta di quell’unicità che avvince anche il concorso formale di illeciti, ma mentre quest’ultimo postula che le violazioni vengano commesse dall’autore del fatto con un’unica azione od omissione, l’illecito continuato invece si configura allorché gli illeciti siano realizzati, anche in tempi differenti, con più azioni od omissioni, purché in esecuzione di un unico programma illegale.

I presupposti dell’illecito continuato

L’illecito continuato è disciplinato dall’art. 8 comma 2 della L. n. 689 cit., che in buona sostanza traspone il dettato normativo dell’art. 81 comma 2 c.p.. V’è la differenza semantica che il sintagma “disegno criminoso” utilizzato in quest’ultima disposizione viene privato dell’aggettivo “criminoso” e ridotto alla sola locuzione “disegno” in ragione della natura non delittuosa dell’illecito amministrativo. In secondo luogo, e ciò che più rileva, la continuazione è ipotizzabile unicamente per gli illeciti aventi natura previdenziale e assistenziale.

Va rilevato che la continuazione richiede la sussistenza dei seguenti requisiti:

  1. pluralità di azioni od omissioni da parte del medesimo soggetto;

  2. plurime violazioni di disposizioni di legge anche aventi natura differente;

  3. unicità del disegno contra legem;

  4. natura previdenziale degli illeciti commessi.


La pluralità delle azioni od omissioni

Con riferimento al primo requisito si può richiamare quanto già descritto nel caso pratico de "L'Ispezione del Lavoro", del 7 febbraio 2014, "Concorso formale e concorso materiale di illecito: l'unicità dell'azione od omissione", nel senso che il concetto di azione ha valenza giuridica e va desunto in base alle modalità di configurazione della fattispecie normativa e alla cadenza temporale e finalistica con cui gli atti vengono realizzati dal medesimo soggetto.

Le plurime violazioni di legge

Anche per l’illecito continuato si attagliano le figure del concorso omogeneo ed eterogeneo, poiché le plurime azioni od omissioni debbono realizzare rispettivamente più violazioni della stessa disposizione di legge ovvero di norme differenti.

Problematiche sono poi le definizioni dell’unico disegno e di illecito concernente la materia previdenziale e assistenziale.

Il disegno unico

La definizione dell’”unico disegno” applicabile all’illecito amministrativo può ricavarsi dalla categoria del “disegno criminoso”, prevista dall’art. 81 comma 2 c.p. e in relazione alla quale si registrano orientamenti giurisprudenziali non uniformi.

Occorre premettere che il concetto di disegno evoca l’intenzione o quantomeno la rappresentazione intellettiva nel soggetto agente di tenere una condotta contra legem, tesa, in via non occasionale, alla realizzazione di un determinato scopo e che pertanto tale categoria richiede necessariamente il dolo con esclusione della colpa. Su tale premessa la giurisprudenza è divisa sugli elementi che configurano il disegno.

L’orientamento giurisprudenziale che attribuisce rilevanza al programma delittuoso

L’orientamento tradizionale ritiene che sia decisiva l’individuazione di un programma atto a violare i precetti normativi. Nell’ambito di tale indirizzo si registrano poi opinioni differenti sull’identificazione dei caratteri che caratterizzano il programma.

  1. Programma specifico

Così secondo un filone giurisprudenziale il programma deve comportare un’individuazione non generica, ma distinta, dei singoli illeciti, i quali pertanto devono essere presenti nella mente del reo nella loro specificità, sin dal momento dell’ideazione e deliberazione del primo degli illeciti in senso cronologico.

  1. Programma definito nelle sue linee fondamentali

Altra giurisprudenza ritiene invece che il programma, sebbene non generico, deve comportare comunque una previa individuazione degli illeciti “[…] almeno nelle loro connotazioni fondamentali […]”, di tal che lo stesso sarebbe ravvisabile solo quando risulti che l’autore abbia già previsto e deliberato in origine, per linee generali, l’iter da percorrere.

  1. Programma generico in funzionale a uno scopo determinato

Un ulteriore orientamento, nettamente minoritario, attribuisce decisiva valenza allo scopo unitario, il quale caratterizzerebbe il programma quantunque lo stesso abbia una connotazione generica. Secondo tale assunto pertanto non sarebbe essenziale che l’autore si prefiguri sia pur per sommi capi gli illeciti che intende realizzare, essendo piuttosto essenziale che abbia bene a mente la finalità che intende raggiungere.

L’orientamento che attribuisce rilevanza al disegno criminoso non ridotto al solo programma

Un recente arresto giurisprudenziale afferma che la sussistenza del nesso della continuazione vada ricavata non tanto dalla definizione o individuazione di un programma delittuoso quanto soprattutto da una serie di indici sintomatici tra i quali assumerebbero un particolare rilievo “[…] la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene tutelato, la omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo […]”. Tali elementi potrebbero poi essere valutati in maniera interdipendente ovvero in via unitaria nel senso che anche solo uno di essi potrebbe comprovare la sussistenza della continuazione, purché l’elemento assunto a parametro di riferimento assuma una valenza preponderante e determinate per la qualificazione dello scopo delittuoso. Secondo gli scriventi tale orientamento appare più calzante per l’illecito amministrativo, che è prevalentemente un illecito di mera trasgressione in cui l’elemento soggettivo assume contenuti più sfumati nel senso che la tipicità del dolo o della colpa si riduce alla mera “suità” della condotta inosservante e il cui aspetto esteriore pertanto appare compatibile con entrambi i possibili atteggiarsi dell’elemento soggettivo dell’illecito. Sicché pare eccessivo per tale illecito utilizzare gli schemi penalistici dell’ideazione di uno specifico o generico programma illecito. Invece appare più consono individuare il disegno giustificativo della continuazione in base a uno o un insieme di elementi sia di natura soggettiva che oggettiva.

Il requisito temporale

Controversa poi è la circostanza se il notevole lasso temporale tra un illecito e l’altro possa escludere il medesimo disegno. La questione è centrata sulla portata da attribuire all’espressione “anche in tempi diversi” contenuta nell’art. 81 comma 2 c.p., ripresa testualmente dall’art. 8 comma 2 della L. n. 689 cit.. Parte della giurisprudenza ritiene che ai fini dell’unificazione fittizia “quoad poenam” (per la quantificazione della pena), resta escluso ogni fattore di carattere temporale, ciò in quanto l’espressione contenuta nella norma ha valenza illimitata e non pone alcuna limitazione di tempo. Di converso, altro orientamento ritiene che anche la distanza cronologica dei fatti costituisca un elemento da valutare ai fini della sussistenza del medesimo disegno criminoso, il quale va desunto in maniera logica e cronologica.

La materia previdenziale e assistenziale

Da ultimo ma non per ultimo, affinché possa configurarsi la continuazione occorre che la violazione attenga alla materia della previdenza e dell’assistenza obbligatorie. L’art. 8 comma 2 della L. n. 689 cit. aggiunge tale requisito che invece e ovviamente manca nella formulazione dell’art. 81 comma 2 c.p..

Sicché, nel regime della sanzioni amministrative, la continuazione è praticabile solo per gli illeciti previdenziali e assistenziali al di fuori dei quali, in assenza di concorso formale, il trattamento sanzionatorio è quello stabilito dal cumulo materiale delle pene. Sul punto la giurisprudenza di legittimità civile, penale e amministrativa, nonché la giurisprudenza di merito, è unanime nel ritenere che il cumulo giuridico è applicabile nella sola ipotesi di concorso formale (omogeneo od eterogeneo), mentre quando le violazioni sono commesse con più azioni od omissioni, e quindi in caso di concorso materiale, tale trattamento sanzionatorio è praticabile soltanto per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza. A tale fine non è applicabile in via analogica l’art. 81 c.p. stante la differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo, anche alla luce del diverso atteggiarsi dei profili soggettivi relativi alle due tipologie di illecito.

Il punto centrale allora consiste nell’individuazione della materia della previdenza, che è rappresentata dall’insieme delle regole degli istituti volti ad assicurare ai cittadini i mezzi di vita e l’assistenza in caso di infortuni, malattie, disoccupazione o nella vecchiaia. Sicché la violazione previdenziale è quella che lede il bene protetto dalle norme che hanno siffatta finalità. A titolo esemplificativo e non esaustivo, costituiscono illeciti previdenziali l’omessa corresponsione degli assegni familiari, le trattenute maggiorate sulla retribuzione, le false comunicazioni inoltrate all’INPS per percepire l’indennità di disoccupazione (ora ASPI), l’omessa denuncia all’INAIL della variazione dei dati che riguardano l’impresa. Mentre senz’altro non costituiscono illeciti previdenziali perché attengono alla disciplina del rapporto di lavoro strettamente inteso la mancata consegna delle lettera di assunzione ovvero la mancata consegna, nei lavori in appalto, della tessera di riconoscimento. Il problema si pone semmai per gli illeciti che ledano non esclusivamente, ma congiuntamente ad altri interessi, anche il bene giuridico previdenziale. È il caso del lavoro sommerso, il quale, se è vero che attiene alla materia lavoristica tout court e che è volto alla tutela degli interessi patrimoniali e personali del lavoratore, è altrettanto vero che sottende senz’altro un agire illecito che offende il bene previdenziale.

Il caso concreto

L’ultima osservazione consente di affrontare l’esame del caso che occupa, in cui gli ispettori della DTL hanno accertato che Gamma ha occupato in nero plurimi lavoratori e conseguentemente hanno applicato per ogni violazione riscontrata la maxisanzione. All’esito del procedimento ispettivo Gamma ha opposto l’ordinanza ingiunzione assumendo che le violazioni configurerebbero un’ipotesi di illecito amministrativo unitario e per l’effetto hanno chiesto l’applicazione del beneficio della continuazione di cui all’art. 8 comma 2 della L. n. 689/81. La prospettazione di Gamma ha una sua ragionevolezza sul presupposto che l’illecito di occupazione in nero di manodopera attiene alla materia previdenziale, perché lede interessi appannaggio dell’INPS. Conferma di ciò sarebbe data dall’art. 4 della L. n. 183/10, che per un verso include tra i requisiti strutturali della fattispecie il mancato adempimento degli obblighi contributivi atti a dimostrare “la volontà di non occultare il rapporto”. Per altro verso prevede “sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento”. Proprio tale aspetti denoterebbero l’appartenenza anche alla materia previdenziale dell’illecito di occupazione in nero di manodopera e quindi la possibilità di invocare per quest’ultimo il beneficio della continuazione. V’è poi un ulteriore argomento che andrebbe in favore dell’applicazione del cumulo giuridico. Il Ministero del Lavoro con circolare n. 23 del 2011 ha ritenuto che tale beneficio possa essere applicato rispetto a violazioni che attengano al LUL e che, come appare intuibile, non costituiscano propriamente materia previdenziale. Ciò comporterebbe a fortiori l’applicazione di tale trattamento a illeciti, come il lavoro nero, che senz’altro risultano regolamentati da norme anche a valenza previdenziale.


NOTE

i Cass. pen. Sez. VI, 24/10/2012, n. 44214.

ii Cass. pen. Sez. I, 17-03-2006, n. 12357.

iii Cass. pen. Sez. III, 24/01/2013, n. 10235; Cass. pen. Sez. IV Sent., 06/07/2007, n. 35665; Cass. pen. Sez. IV, 29-11-2006, n. 3579.

iv Cass. pen. Sez. IV Sent., 29/11/2006, n. 3579 e Cass. pen. Sez. IV, 02/02/2005, n. 16693 ammettono la continuazione con la colpa cosciente.

v Cass. pen. Sez. V, 12/01/2012, n. 10917; Cass. pen. Sez. IV Sent., 17/12/2008, n. 16066; Cass. pen. Sez. I, 12/05/2006, n. 35797.

vi Cass. pen. Sez. I, 22-03-2011, n. 13611; Cass. pen. Sez. II, 22-10-2010, n. 40123.

vii Cass. pen. Sez. IV, 22/05/2009, n. 26397; Cass. pen. Sez. IV, 25/11/2004, n. 1285; Cass. pen. Sez. I, 01/10/2004, n. 41300; Cass. pen., 07/04/2004, n. 18037.

viii Cass. pen. Sez. I, 05/11/2003, n. 46983.

ix Cass. pen. Sez. II, 25/11/1992; Cass. pen., 05/03/1990.

x Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-11-2012) 12-03-2013, n. 11564; Cass. pen. Sez. I Sent., 05/11/2008, n. 44862.

xi Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 30-09-2009, n. 20930.

xii Cass. pen. Sez. I, 04/02/2013, n. 14348; Cass. pen. Sez. II, 05/04/2012, n. 20326; Cass. pen. Sez. II, 21/12/2005, n. 2288.

xiii Cass. pen. Sez. I, 09/01/2013, n. 8513; Cass. pen. Sez. III, 09/11/2011, n. 44424; Cass. pen. Sez. I, 16/01/2009, n. 3747; Cass. pen. Sez. IV, 07/04/2005, n. 22588.

xiv Cass. civ. Sez. II, 03/10/2011, n. 20222; Cass. civ. Sez. II, 04-03-2011, n. 5252; Cass. civ. Sez. II, 25/02/2011, n. 4725; Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06/10/2008, n. 24655; Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 21/05/2008, n. 12974; Cass. civ. Sez. I, 16/12/2005, n. 27799; Cass. civ. Sez. lavoro, 05/11/2003, n. 16620.

xv Cass. pen. Sez. IV, 06/05/2009, n. 25933.

xvi Cons. Stato Sez. V, 23/10/2012, n. 5410; Cons. Stato Sez. III, 11/03/2011, n. 1575; Cons. Stato Sez. III, 11/03/2011, n. 1576; Cons. Stato Sez. III, 11/03/2011, n. 1574 Cons. Stato Sez. III, 11/03/2011, n. 1577; Cons. Stato Sez. VI, 30/06/2011, n. 3897.

xvii Trib. Milano Sez. I, 11/12/2012; Trib. Salerno Sez. I, 20/10/2012; T.A.R. Friuli-V. Giulia Trieste Sez. I Sent. 20/10/2005, n. 823; T.A.R. Lazio Sez. I, 07/09/2001, n. 7235; T.A.R. Lazio Sez. I, 07/09/2001, n. 7236.

xviii Artt. 33, 37 e 82, D.P.R. 797/1955 come modificati dalla Legge 1038/1961. La sanzione amministrativa è stabilita dall’art. 82, comma 2, del D.P.R. n. 797/55, nell’importo da 515 euro a 5.160 euro, importo quintuplicato per effetto dell’art. 1 comma 1177 della legge n. 296/2006.

xix Art. 23, comma 2, Legge 4 aprile 1952, n. 218 per cui il datore di lavoro che trattiene sulla retribuzione del lavoratore somme maggiori di quelle per le quali è stabilita la trattenuta, è punito con la sanzione amministrativa da euro 2 a euro 25 per ogni dipendente per il quale è stata effettuata l’abusiva trattenuta, salvo che il fatto costituisca reato più grave.

xx Art. 116, R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 conv. con modif. dalla legge 6/4/1936 n. 1155.

xxi Art. 12, comma 4, T.U. 30 giugno 1965, n. 1124.

xxii Art. 4 bis, primo periodo, comma 2, D.Lgs. N. 181/2000, come modificato dall’art. 6, comma 1 del D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297 e successivamente modificato dall’art 5, lettere a) e b), Legge n. 183/2010.

xxiii Art. 20, comma 3, prima parte, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 s.m.i..



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